' Rapid-Q by William Yu (c)1999-2000 . ' ================================================================================ ' Upload_il_tuo_script_su_Rapidq.it ' Manuale_JavaScript Il corso che state per seguire si rivolge ai webmaster alle prime armi. Il lettore ideale è quello che ha appena terminato di studiare laguida_all'HTMLe ha incominciato a comporre le sue prime pagine. Nelle seguenti lezioni non verrà dunque dato per scontato nulla: non è richiesta la capacità di saper programmare, né una grande esperienza nel web publishing. Si tratta di lezioni con una finalità prevalentemente pratica: si vuol far sì che il webmaster sia in grado di operare autonomamente con JavaScript, e che quindi sia in grado di comprendere la sintassi, di poter modificare a seconda delle proprie necessità i gadget trovati in rete, e di poter creare autonomamente il codice che gli occorre per le proprie pagine. È anche importante sottolineare che l'ottica non è quella del "programmatore puro", ma è appunto quella del webmaster che si trova ad usare JavaScript per "aggiustare" o "abbellire le proprie pagine: faremo quindi molti esempi inerenti le differenze tra i browser, le diversità di risoluzione del monitor, e analizzeremo molte situazioni di "quotidiano webpublishing". Data la finalità "pratica" molti concetti teorici verranno soltanto accennati, altri verranno volutamente omessi o posticipati (in quanto non ritenuti fondamentali nell'ottica del webmaster o della situazione che si sta analizzando). Pertanto, pur essendo questo corso perfettamente autonomo, chi volesse approfondire gli aspetti teorici al termine della lettura può utilmente consultare ilCorso_a_JavaScript. Oggi in ogni sito web che si rispetti c'è sempre un po' di JavaScript: anche un semplice effetto di "roll-over", magari ottenuto usando un qualche software grafico (FireWorks, Image Ready), nasconde tra le righe del codice HTML un po' di sintassi JavaScript. Infatti, con questo semplice linguaggio di scripting che viene "letto" dal browser, si possono eseguire un'infinità di operazioni che il semplice HTML non permette. Potete: * "aggiustare" l'HTML in modo da correggere le imperfezioni che si vedono in un browser (es: Netscape), ma che in un altro browser non ci sono (es: Internet Explorer) * scambiare delle immagini (effetto di roll-over) * aprire nuove finestre secondarie * effettuare controlli sui moduli, per verificare l'input dell'utente * eseguire azioni "a tempo" ("dopo 5 secondi vai a quella pagina") * aggiungere effetti "dinamici" (oggetti che si muovono in giro per la pagina, ma anche "menu a discesa", "menu a comparsa", ecc) * modificare il contenuto di un frameset e molte altre cose che permettono di aggiungere alle vostre pagine web una serie di effetti che l'HTML da solo non consente. Per rendervi conto di tutto quello che si può fare con JavaScript sfogliate l'archivio della mailing list_JavaScript_di_HTML.it. La guida che state leggendo ha lo scopo di introdurvi gradualmente alla sintassi di JavaScript: dalle basi, fino a raggiungere una certa autonomia nell'elaborare gli script e creare da soli gli script che vi servono. Ma non si può però ottenere tutto e subito, e per raggiungere un simile obiettivo dovremo addentrarci all'interno delle strutture logiche di questo semplice e duttile linguaggio. JavaScript è un linguaggio di scripting lato-client, che viene interpretato dal browser. Sembra un affermazione molto astrusa, ma in realtà è una definizione molto semplice ed efficace. Il web - come ogni webmaster che si rispetti dovrebbe sapere - funziona a due livelli: 1. le pagine web vengono inviate all'utente da un web server, cioè da un programma che si trova su un computer remoto, e che per lo più non fa nient'altro che inviare le pagine a chi ne fa richiesta (in realtà può fare un sacco di altre cose, ma in questo contesto non è necessario specificarle...) 2. l'utente da casa visualizza sul proprio browser le pagine che gli sono stato inviate. Un "browser" è un programma che permette di leggere le pagine scritte in linguaggio HTML: si tratta di "Internet Explorer", "Netscape Navigator", "Opera" e altri. Quando visualizziamo le nostre pagine web da casa ci sono dunque due computer che si parlano: il server e il client. Alcuni linguaggi di scripting (asp, php, perl) vengono eseguiti dal web server (si chiamano appunto linguaggi server side o lato server). JavaScript, invece, viene eseguito sul nostro computer di casa dal browser (è un linguaggio client side o lato client). Dire che JavaScript è un linguaggio lato client, significa anche che i vostri script avranno validità all'interno delle singole pagine web, e non da una pagina all'altra: con JavaScript è possibile infatti passare una piccola quantità di dati da una pagina all'altra, ma è un'operazione che può essere effettuata con una certa difficoltà (coi linguaggi server side, si esegue invece in maniera intuitiva); non è possibile invece trasmettere quantità di dati elevate. Dicevamo inoltre che JavaScript è un linguaggio di scripting: questo significa che la sintassi JavaScript potete scriverla direttamente dentro la pagina HTML, senza bisogno di produrre alcun file compilato. Con i linguaggi di programmazione invece (come il C, il C++) si scrive la sintassi, e poi la si passa a un compilatore, che produce un file "compilato", in cui la sintassi è scomparsa. Tutti i programmi di windows ad esempio sono dei file compilati, in cui non c'è più traccia della sintassi originaria (cioè dei "sorgenti"). JavaScript invece non è compilato: potete quindi visualizzare in qualsiasi momento il codice di una pagina HTML e leggere le righe di sintassi JavaScript. Dire che è un linguaggio di scripting sottintende dunque il fatto che sia un linguaggio interpretato: come abbiamo visto non esiste nessun compilatore, ma è direttamente il browser, tramite un apposito motore di scripting (cioè di visualizzazione), che legge le parti di codice JavaScript. *** Nota a margine *** A dirla tutta il web è fatto a tre livelli, e non a due: * il client (il pc su cui visualizzate le pagine) * il "web server" (il programma che vi spedisce le pagine dal pc remoto) * il "database server" (un altro programma che immagazzina i dati e li restituisce, quando vengono richiesti) Il corso di JavaScript che affronteremo vi servirà per aggiungere dinamicità alle vostre pagine web, non per interagire coi database. Nel 1995 Netscape decise di dotare il proprio browser di un linguaggio di scripting che permettesse ai web designer di interagire con i diversi oggetti della pagina (immagini, form, link, ecc.), ma soprattutto con le applet Java (programmi che permettono di interagire con l'utente). Infatti in quello stesso anno Netscape era particolarmente vicina alla Sun Microsystems (ideatrice di Java), con cui aveva stretto una partnership. Brendan Eich venne incaricato del progetto e inventò LiveScript (chiamato così ad indicare la propria vivacità e dinamicità ). Le due aziende il 4 dicembre 1995 annunciarono la nascita di questo nuovo linguaggio, descrivendolo come «complementare all'HTML e a Java». La versione beta di Netscape Navigator 2.0 incorporava quindi LiveScript, ma - in omaggio a Java - Netscape decise di ribattezzare il nuovo linguaggio di scripting JavaScript. La versione 2.0 di Netscape Navigator fu un grande successo, ma i webdesigner non utilizzarono JavaScript per interagire con le applet java (come avrebbe voluto Netscape), ma piuttosto per rendere più vive le pagine. È in quest'anno che nacque nel web l'effetto di roll-over. Microsoft rispose a JavaScript in due modi: * con l'introduzione di VBScript all'interno di Internet Explorer 3 * con una propria versione di JavaScript, sotto molti aspetti simile all'originale, chiamata JScript (siamo nel luglio 1996) JScript è dunque la versione di JavaScript supportata da Internet Explorer. A causa di alcune differenze presenti in Internet Explorer 3 Netscape e Sun decisero di standardizzare JavaScript e si affidano all'European Computer Manufacturers Association (ECMA). La stessa associazione che oggi è incaricata da Microsoft di standardizzare il C#. La standardizzazione incominciò nel novembre 1996 e fu adottata nel giugno 1997 da ECMA e nell'aprile 1998 da ISO (International Organization for Standardization, una delle più prestigiose organizzazioni internazionali che si occupano di standard). Attualmente siamo alla terza versione di ECMAScript. ECMAScript è dunque figlio di JavaScript. E oggi quando si dice JavaScript, JScript ed ECMAscript sostanzialmente si indicano tre varietà dello stesso linguaggio. Bisogna poi tener conto che differenti versioni del browser, implementano differenti versioni di JavaScript (la più recente è la 1.4, mentre la 1.5 è ancora in beta), quindi il modo di interpretare determinati costrutti potrebbe variare da una sottoversione del browser all'altra. Tutto questo tuttavia non ci deve minimamente preoccupare: si tratta della normale evoluzione (e crescita) di un linguaggio di scripting che si adatta alle diverse esigenze sopraggiunte (dei programmatori e del commercio). La versione di JavaScript è comunque pur sempre la 1.x e dunque tra una sottoversione e l'altra non ci saranno degli sconvolgimenti sostanziali. E quando la differenza c'è ci penseranno i manuali (o meglio ancora i reference) ad avvertirci. Per quel che riguarda il futuro del nostro linguaggio, attualmente esistono due proposte di Netscape per JavaScript/ECMAScript (passerà del tempo, però prima che le proposte siano riviste e accettate, e prima che i browser siano in grado di leggere le nuove versioni del linguaggio): JavaScript 2.0 e EcmaScript 4. Un tabella di confronto sulle varie versioni di JavaScript rispetto al browser la potete trovare sul Corso_Javascript di HTML.it. Per completezza bisogna inoltre notare, che JavaScript può anche essere utilizzato per scrivere delle applicazioni server side, nel caso che il web server lo consenta (se, ad esempio, si utilizza iPlanet di Sun): in questo caso JavaScript può dunque svolgere mansioni analoghe a quelle che normalmente vengono effettuate da php, asp o jsp. L'utilizzo di JavaScript lato server è per lo più un caso sporadico, e comunque non ce ne occuperemo nella presente guida. La sintassi di JavaScript può essere utilizzata inoltre per scrivere pagine asp, ma questo dipende dalla versatilità di asp, più che essere una caratteristica di JavaScript. Capita sempre di sentire nei forum di html frasi come "Aiutatemi con questo script Java". Per lo più chi scrive una cosa di questo genere intende "uno script JavaScript". Bene: JavaScript non è Java. Il fatto che i due linguaggi abbiano nomi simili è solo una trovata di marketing, dovuta all'alleanza tra Netscape e Sun. Una trovata che nel corso degli anni - a dire la verità - ha ingenerato soltanto confusione. Java è un linguaggio di programmazione, la cui avvenuta realizzazione fu annunciata nel maggio 1995 da John Gage (direttore dello "Science Office" di Sun Microsystems). Dello stesso anno è l'annuncio della realizzazione del browser "HotJava", realizzato apposta per dimostrare le possibilità di questo linguaggio. Alla sua comparsa Java sconvolse il mondo dell'information technology, dal momento che introdusse il concetto rivoluzionario della Virtual machine: un processore virtuale che viene installato sulla macchina (Windows, Macintosh, Linux, o quello che è) e i programmi vengono poi realizzati per quel processore virtuale. In pratica quando vi viene richiesto di installare Java, voi installate sul vostro pc un software che legge (cioè che interpreta) i programmi scritti in "Java": questo software è appunto la "Java Virtual Machine". Sun diede inoltre la possibilità di inserire la programmazione nel web, attraverso le applet (piccoli programmi in java che si inseriscono nel codice HTML), le quali permettevano finalmente di interagire con le azioni dell'utente (cosa questa che l'HTML non permette). Nacque quindi l'esigenza di integrare meglio le applet, e fu studiato un linguaggio apposito (che - come abbiamo visto - è il nostro LiveScript - dicembre 1995). Dato il grande successo di Java, LiveScript fu ribattezzato JavaScript, ma i due linguaggi hanno poche cose in comune. Nel corso degli anni Java ha sviluppato una formidabile libreria di oggetti, classi e metodi, che oggi sono la vera forza di questo linguaggio. Oggi con java si realizzano: * programmi (come StarOffice e OpenOffice) * applet (ma sono in disuso) * applicazioni lato server (J2EE, servlet, jsp…) Tutte cose che con JavaScript lato-client non potete fare. Con JavaScript potete intervenire "solo" sulle vostre pagine web. JavaScript e Java si assomigliano un po' nella sintassi (nel modo di richiamare oggetti e le loro proprietà tramite il "."), ma l'analogia termina lì. In realtà si tratta di due mondi complementari, di due linguaggi che fanno cose differenti. Se volete programmare in Java, e non è JavaScript quello che vi interessa, potete consultare la Guida_Java di HTML.it. Quando programmate con JavaScript dovete immaginare che la pagina HTML sia formata da vari elementi in varia relazione fra loro. Il browser infatti (con all'interno il documento HTML) può essere infatti "sezionato" in vari elementi: * prima di tutto c'è il browser stesso (l'oggetto navigator) * poi la finestra che contiene tutto quanto (l'oggetto window) * eventuali frames (l'oggetto window.frames) * il documento HTML vero e proprio (document) * i moduli per raccogliere l'input dell'utente (document.forms["nomeForm"]) * le immagini (document.images["nomeImmagine"]) * i cookie (document.cookie["nomeCookie"]) * i livelli * le applet (document.applets["nomeApplet"]) * la barra degli indirizzi (location) * la barra di stato, nella parte bassa del browser (status) e via di seguito. Tutti gli oggetti che vediamo nel browser sono in relazione gerarchica fra di loro (ci sono elementi-padre ed elementi-figli) e tramite JavaScript - utilizzando la corretta sintassi - è possibile interrogare questi elementi, leggerne le proprietà e in taluni casi anche cambiare il valore di queste proprietà . Facciamo un esempio. Prendiamo il seguente codice HTML: Esempio
La pagina contiene un campo di input text (che in genere serve all'utente per scrivere dei dati). Se volessi conoscere la lunghezza del testo contenuto nel modulo, utilizzando il modello a oggetti e le proprietà utilizzate da JavaScript, non avrei che da scrivere: document.mioForm.testoProva.value.length che è un modo sintetico di scrivere: window.document.forms['mioForm'].testoProva.value.length La riga che abbiamo scritto precedentemente significa: "prendiamo la finestra del browser, consideriamo il documento attuale, consideriamo i form presenti nel documento e facciamo riferimento a quello che si chiama 'mioForm', consideriamo poi il campo chiamato 'testoProva'. Bene. Una volta individuato 'testoProva', prendiamo il valore di questo campo e infine ricaviamo la lunghezza del valore di questo campo" Infatti se scriviamo un codice come questo: Esempio
al caricamento della pagina vedremo un messaggio che indica la lunghezza di "paradiclorobenzoro". Non vi preoccupate se l'esempio adesso non vi è del tutto chiaro: esamineremo subito nelle prossime pagine la sintassi introdotta nelle righe di codice scritte poc'anzi (vedremo subito cosa vuol dire "onLoad" e cosa vuol dire "alert"). L'importante è comprendere il concetto, che cioè una pagina web viene scomposta da JavaScript in un modello ad oggetti (ognuno con le sue proprietà ) in relazione reciproca. Ovviamente la sintassi per richiamare gli oggetti non è dovuta al nostro estro, ma - visto che JavaScript ha la struttura di un linguaggio di programmazione - deve essere espressa in maniera rigorosa, secondo la struttura del linguaggio (non potremmo scrivere, ad esempio, document.testoProva.length.mioForm.value senza incorrere in errori). Un altro concetto importante è che ognuno degli oggetti del browser ha i propri metodi. Questo equivale a dire che ognuno degli oggetti del browser ha a disposizione determinate azioni e non altre. Facciamo subito un altro esempio, per rendere più chiaro il concetto. Esiste l'oggetto history che contiene la storia della navigazione dell'utente per quel che riguarda una finestra. Tramite il metodo back() dell'oggetto history è possibile mandare indietro l'utente alla pagina da cui è arrivato (ovviamente l'utente deve essere arrivato qui a partire da un'altra pagina, altrimenti - se la richiesta è diretta - non c'è pagina verso cui tornare indietro): Esempio torna indietro È evidente che il metodo back() è proprio dell'oggetto history, e non (per esempio) del campo del form che abbiamo visto prima. Infatti se adattate l'esempio relativo al campo del form e scrivete: onLoad="document.mioForm.testoProva.back()" non potrete che ottenere un errore. E inoltre anche se scrivete: torna indietro otterrete un valore indefinito perché non state interrogando correttamente l'elemento history, che è un array. Ma anche se lo interrogaste nella maniera giusta, cioè così (esamineremo in seguito questo tipo di sintassi): non otterreste comunque alcun valore, perché - per motivi di sicurezza - non è possibile leggere il valore della history di un documento (è possibile con Netscape 4, ma solo con determinati privilegi). Ogni oggetto ha dunque i propri, personalissimi metodi e va interrogato nella giusta maniera. Per ora non analizzeremo tutti i vari elementi che compongono il browser, i loro metodi, e le loro reciproche relazioni, anche perché - come vedremo nella prossima lezione - differenti browser (Netscape e Internet Explorer) e differenti versioni dello stesso browser (Netscape 4 e Netscape 6) hanno sviluppato modelli diversi per concepire le relazioni reciproche di questi oggetti e metodi. *** Nota a margine *** Abbiamo parlato di oggetti e di metodi come se fossero concetti intuitivi, senza darne una definizione rigorsa. In realtà questi termini (oggetti, metodi, classi) sono concetti fondamentali e definiti con estrema precisione nella "programmazione orientata agli oggetti" (Object Oriented Programming - "OOP"). Si tratta, appunto, della tecnica usata in tutti i moderni linguaggi di programmazione (C++, Python, Java, C#) che permette di descrivere il comportamento degli elementi presenti nel codice e di attribuire ad essi determinate azioni. Per il momento noi non tratteremo l'approccio ad oggetti, ma è bene sapere che JavaScript oltre a fornire la possibilità di interfacciarsi verso gli oggetti predefiniti (quelli del browser che abbiamo visto finora) supporta pienamente la creazione da parte del programmatore di oggetti e metodi personalizzati. Abbiamo detto che un browser è organizzato ad oggetti e che questi oggetti sono in vario modo in relazione fra loro. La grossa difficoltà della programmazione lato client è che differenti browser hanno sviluppato, nel corso degli anni, differenti modelli in cui mettere in relazione gli oggetti. Stiamo parlando del Document Object Model (DOM), il "modello a oggetti del documento". Viene preso come riferimento il document (e non il browser o la finestra), dal momento che è il nodo centrale attorno al quale si sviluppano gli altri oggetti e le altre proprietà . I primi browser (Netscape 2 e Internet Explorer 3) forniti di JavaScript utilizzavano un DOM molto elementare, che normalmente viene chiamato "livello 0". In breve però, con la diffusione sul mercato dei browser di 4a generazione, i DOM sviluppati da Microsoft e da Netscape divennero - ancora una volta - incompatibili fra loro. In pratica il codice scritto per Netscape 4 molto spesso risulta incompatibile con quello di Internet Explorer 4 e viceversa. Microsoft preferì infatti un DOM "flat", cioè con tutti gli elementi sullo stesso piano dell'oggetto document. Netscape invece aveva scelto di adottare un DOM particolarmente gerarchico. Questa situazione è particolarmente evidente quando si ha a che fare con la sintassi relativa ai livelli. Se, in una pagina HTML, abbiamo un livello di questo tipo:
livello
per ottenere il nome del livello, la sintassi per Internet Explorer è: document.all.mioLiv.id o anche: mioLiv.id per Netscape 4 invece è: document.layers.mioLiv.id Di fatto document.all diviene un modo per identificare Internet Explorer, mentre document.layers individua Netscape 4. L'unico modo per programmare per entrambi i browser è quello di scrivere la sintassi per l'uno e per l'altro browser. Per risolvere questa situazione di incompatibilità di fatto, il W3C (l'organismo che si occupa di rilasciare le specifiche per il web, come l'HTML) decise di standardizzare il DOM. La prima specifica definitiva (DOM level 1) è dell'ottobre 1998; nel dicembre 2001 è stata rilasciata invece la specifica relativa al DOM level 2; e attualmente il W3C sta lavorando al DOM level 3. Un gran contributo nei vari procedimenti di standardizzazione è stato anche dato dal Web_Standards_Project_(WaSP). Le specifiche sviluppate dal W3C sono quelle di riferimento a cui si stanno adeguando tutti i browser di nuova generazione (di generazione 5 e 6). Attualmente la situazione è la seguente: Browser DOM level Identificazione Netscape 4 Level 0/1 (DOM proprietario) document.layers Netscape 6 level 1 document.getElementById Internet Explorer 4 Level 0/1 (DOM proprietario) document.all Internet Explorer 5 / 6 level 1 document.all, document.getElementById In pratica viene definito come DOM level 0 quello supportato da Netscape 2 e 3, e da Internet Explorer 3: si tratta di un DOM molto scarno, composto per lo più da document.images, document.applets, document.forms e pochi altri elementi. Si tratta di una base minimale comune. Il DOM dei due browser si divide poi con i browser di 4° generazione, e più precisamente con l'introduzione dei livelli all'interno del documento. Si tratta di un DOM intermedio, ibrido, che non può essere considerato né DOM level 0, né tantomeno DOM level 1 (che ancora non esiste). La specifica del W3C del 1998 stabilisce nuovamente un DOM comune (il DOM level 1, in cui il browser è identificato da document.getElementById) a cui sia Microsoft, sia Netscape hanno deciso di adeguarsi (dal momento che entrambe fanno parte del consorzio). Netscape però ha deciso di non mantenere un legame con il proprio passato, ripudiando il proprio precedente DOM: la sintassi scritta per Netscape 4 può infatti risultare non più compatibile con Netscape 6. Comunque tutti i browser più recenti (Internet Explorer 5 e 6, Opera 5 e 6, Netscape 6, Mozilla 1) supportano oramai il DOM level 1 con relativo document.getElementById. Tutta la problematica del DHTML (Dynamic HTML: il linguaggio che - congiungendo HTML, CSS e JavaScript permette ai livelli di muoversi all'interno della finestra del browser) è nello scrivere sintassi crossbrowser, che vada bene cioè sia per Netscape, sia per Internet Explorer ed eventualmente anche per Opera. Nel nostro corso non ci cureremo delle problematiche del DOM, dal momento che per ora avremo modo di utilizzare sporadicamente i livelli. È bene però che teniate ben presente che, quando state sviluppando degli script e avete a che fare con i livelli (anche se dovete soltanto cambiare la visibilità da visibile a invisibile o viceversa) dovete attentamente verificare la visualizzazione nei differenti browser, perché potreste avere delle sorprese. Se per esempio dovete cambiare la visibilità (da visibile a invisibile) di un livello vi troverete di fronte a tre differenti sintassi: Browser Sintassi Netscape 4 document.layers["mioLiv"].visibility= "hide"; Internet Explorer (4, 5, 6) document.all["mioLiv"].style.visibility= "hidden"; Internet Explorer 5 e 5 - Netscape 6 document.getElementById("mioLiv").style.visibility= "hidden"; Provate a fare delle prove con questo esempio, togliendo i commenti (le due barre verticali a inizio riga) a seconda del browser. Non vi preoccupate se ancora non comprendete il significato del codice, dal momento che vedremo tutto in seguito: Esempio
mio livello









nascondi Come potete vedere la sintassi cambia moltissimo a seconda del browser: quindi, quando operate coi livelli, fate attenzione! Oltre essere organizzato a oggetti e metodi, JavaScript sfrutta moltissimo la presenza degli eventi. Un evento è – molto semplicemente – qualcosa che accade nel documento. Anche nella vita quotidiana un evento è qualcosa che accade: ad esempio una tazzina di caffè che cade e si rompe. Il documento dunque è l'ambiente entro cui vengono realizzate delle "azioni", in parte dovute alla volontà dell'utente (passaggio del mouse su un link, click su qualcosa...), altre volte dovute alla situazione contingente (la pagina è stata caricata). Grazie agli eventi possiamo "impacchettare" il codice scritto attraverso JavaScript e farlo eseguire non appena l'utente esegue una data azione: quando clicca su un bottone di un form possiamo controllare che i dati siano nel formato giusto; quando passa su un determinato link possiamo scambiare due immagini, eccetera. Gli eventi (le possibili cose che possono capitare all'interno della pagina) sono davvero tanti e ogni nuova versione del browser si arricchisce di nuove possibilità messe a disposizione degli sviluppatori.Vediamo quali sono quegli eventi che vi capiterà più spesso di incontrare. Come si può vedere dagli esempi il modo corretto per sfruttare gli eventi è quello di inserire l'evento all'interno della sintassi dell'elemento HTML e racchiudere il codice JavaScript tra virgolette. Secondo questo modello: Abbiamo già incontrato in precedenza l' "alert" è una finestra di dialogo che avverte di qualcosa. Negli esempi qui sotto, quando viene eseguita una determinata azione, viene mostrato un alert con scritto "ciao". Si applica a Evento Descrizione esempio (elementi maggiormenti usati) onLoad BODY "al caricamento..." IMAGE L'evento scatta quanto l'oggetto risulta completamente caricato. onUnLoad BODY Applicato al BODY si verifica quando il browser "scarica" il documento. Cioè alla chiusura del documento. onMouseOver A "al passaggio del mouse". AREA Si verifica quando l'utente passa il mouse su un'area sensibile (link o mappa). INPUT (submit, reset,button, checkbox, radio,option) Con IE 5+ questo evento può essere associato anche a TD, TR, eccetera onMouseOut A "quando il mouse esce". AREA Si verifica quando l'utente con il mouse esce al di fuori dell'area sensibile (link o mappa). INPUT (vedi sopra) Con IE 5+ questo evento può essere associato anche a TD, TR, eccetera onClick A "al click del mouse..." AREA Avviene quando l'utente clicca sull'elemento INPUT onKeyPress A Si verifica quando si è all'interno dell'elemento e viene premuto un tasto della tastiera. AREA INPUT DIV onChange INPUT TYPE="SELECT" Si verifica quando l'elemento subisce un cambiamento a seguito dell'azione dell'utente. OnSubmit FORM Quando viene eseguita l'invio del form (tramite bottone o tramite invio da tastiera).
onFocus A "quando l'elemento ha il focus..." INPUT Entra in azione non appena l'elemento è attivo. (Provate la sintassi di questo esempio con altre finestre del browser aperte, e provate a passare dalla BODY vostra pagina alle altre finestre e viceversa) onBlur A "quando l'elemento non è più attivo..." INPUT Viene richiamato quando l'elemnto smette di essere attivo. BODY Un discorso a parte merita l'evento onFocus, che spesso suscita dell perplessità . "onFocus" significa "quando l'elemento è focalizzato": significa che in quel momento è attivo quel determinato elemento della pagina HTML. Nel caso dei link e delle mappe vi potete accorgere bene di quando l'elemento ha il focus: il link o la mappa ha infatti una piccola linea tratteggiata che lo circonda (nel caso del link, se l'elemento è focalizzato, si trova nello stato "ACTIVE"). Anche nel caso delle finestre del browser è facile accorgersi di quando un elemento ha il focus: con Windows se la finestra ha il focus (basta che si trovi in primo piano) la barra in alto è azzurra (o del colore definito dall'utente), in caso contrario è grigia. onBlursemplicemente è il contrario di onFocus: quando l'elemento che aveva il focus lo perde (perché l'attenzione dell'utente si è concentrata su altro) viene azionato l'evento onBlur. È da notare che a uno stesso elemento possono essere attribuiti più eventi Ad esempio: testo del link (Certo l'alert non è l'ideale per far interagire i tre eventi fra loro, ma l'importante è aver compreso il concetto che allo stesso elemento possono essere collegati eventi diversi, ciascuno con il proprio codice da eseguire). Gli eventi non si esauriscono nella tabella che abbiamo appena visto. Ma quelli visti sono gli eventi più noti e più usati. Ogni elemento dell'HTML ha a disposizione determinati eventi e non altri. Per esempio, un livello in Internet Explorer 6 è dotato di tutti i seguenti eventi (come si può vedere non c'è l'evento onLoad, né onSubmit, perché riferiti a un livello non avrebbero alcun senso): onmouseup, oncontextmenu, onrowexit, onbeforepaste, onactivate, onmousemove, onmove, onselectstart, oncontrolselect, onkeypress, oncut, onrowenter, onmousedown, onpaste, onreadystatechange, onbeforedeactivate, onkeydown, onlosecapture, ondrag, ondragstart, oncellchange, onfilterchange, onrowsinserted, ondatasetcomplete, onmousewheel, ondragenter, onblur, onresizeend, onerrorupdate, onbeforecopy, ondblclick, onkeyup, onresizestart, onmouseover, onmouseleave, onmoveend, onresize, ondrop, onpage, onrowsdelete, onfocusout, ondatasetchanged, ondeactivate, onpropertychange, ondragover, onhelp, ondragend, onbeforeeditfocus, onfocus, onscroll, onbeforeactivate, onbeforecut, onclick, oncopy, onfocusin, onbeforeupdate, ondataavailable, onmovestart, onmouseout, onmouseenter, onlayoutcomplete, onafterupdate, ondragleave Chi fosse interessato a una classificazione più esauriente degli eventi può consultare il Corso_JavaScript *** NOTA A MARGINE *** Chi volesse sapere come ho ricavato tutti gli eventi mensionati sopra, sappia che per ricavarli ho utilizzatoquesto codice JavaScript. È sufficiente inserirlo nel BODY del documento:
Possiamo inserire il codice JavaScript in qualsiasi parte del documento (nella head oppure nel body) a seconda delle nostre esigenze. Per scrivere la sintassi è sufficiente aprire il tag Per facilitare il lavoro del browser, è opportuno esplicitare nella dichiarazione il tipo di linguaggio da noi usato: Fino a qualche tempo fa non si usava l'attributo type per specificare il linguaggio, era in voga invece l'utilizzo dell'attributo language. Così: Il W3C (l'organo internazionale preposto alla standardizzazione dei linguaggi del Web) ha però precisato che è più corretta la notazione con type, mentre l'utilizzo di language è deprecato: significa che tutti i browser sono in grado di interpretare correttamente Abbiamo quindi racchiuso il codice JavaScript all'interno dei commenti dell'HTML, con una particolarità : la chiusura del commento HTML è preceduto da un "commento-JavaScript" (//). Questo avviene per evitare che i browser che interpretano il codice fraintendano l'indicazione e vedano la chiusura del commento HTML (-->) come codice JavaScript da interpretare. L'indicazione "//-->" può dunque essere scomposta in due parti: * "//" nasconde la riga ai browser che interpretano JavaScript * "-->" chiude il commento HTML per i browser che non interpretano JavaScript *** Note a margine *** In taluni casi è anche utile specificare la versione di JavaScript che si sta usando. In questo caso si deve usare l'attributo language (e non type) in questo modo: Si tratta di una precisazione per lo più superflua ( e: Le due sintassi danno luogo a due valori differenti, pur essendo identiche, perchè la Netscape decise a un certo punto (appunto con JavaScript 1.2) che l'uguaglianza tra due dati fosse vera soltanto nel caso in cui i due dati fossero uguali sia nel tipo, sia nel valore. Nel nostro caso il valore è lo stesso (1), ma i tipi sono diversi (a sinistra dell'uguale c'è un valore letterale, a destra un valore numerico). Questa strada è stata poi nuovamente abbandonata con JavaScript 1.3 e successive versioni. Ed ecco spiegata la ragione per cui il risultato è diverso soltanto nel caso in cui si espliciti di voler usare Javascript 1.2. Quanto all'integrazione di JavaScript all'interno della pagina, dal punto di vista terorico c'è una terza via (oltre agli venti e al richiamo nel link), che consiste nell'inserire la sintassi JavaScript (ad esempio una variabile) direttamente all'interno dei tag HTML. Così: in pratica invece questa sintassi sembra funzionare con il solo Netscape 4.x. Abbiamo visto che alcuni browser particolarmenti obsoleti e i motori di rcierca non leggono JavaScript. È il caso di aggiungere che JavaScript può essere disabilitato anche dall'utente. In Netscape (4.x e 6.x) ad esempio basta andare in: Modifica > Preferenze > Avanzate per avere la possibilità di abilitare e disabilitare JavaScript (in Netscape 4, disabilitando JavaScript si disabilitano automaticamente anche i fogli di stile). Per prevenire queste eventualità , è il caso di predisporre la pagina in modo che sia visualizzata correttamente anche nel caso in cui l'utente (o il browser o il motore di ricerca) non sia in grado di visualizzare correttamente la sintassi. è sufficiente utilizzare il tag NOSCRIPT e racchiudervi all'interno il contenuto alternativo da visualizzare. All'interno del tag NOSCRIPT può essere utilizzata la sintassi HTML per visualizzare messaggi o addirittura un layout alternativo.Attenzione però a non proporre intere pagine all'interno del tag, perché questo andrebbe a discapito del peso della pagina. Ecco un esempio: Il tag NOSCRIPT può essere posizionato in vario modo. Nel caso in cui usiate pesantemente JavaScript in tutta la pagina e ci siano parti del sito che non funzionano senza di esso, vi conviene inserire un unico avvertimento in tutto il documento html. In questa situazione, non è il caso che utilizziate NOSCRIPT ogni volta che utilizzate SCRIPT: i due tag non vanno necessariamente in coppia. È invece opportuno inserire NOSCRIPT in un punto strategico della pagina, all'interno per esempio di uno spazio vuoto ben visibile, o prima del blocco che contiene il testo principale. Tuttavia abbiamo detto che JavaScript può essere usato anche per scrivere l'HTML, nel caso in cui vi troviate in una situazione di questo genere, vi conviene - diversamente dalla situazione precedente - usare NOSCRIPT per completare e concludere il layout, anziché visualizzare degli avvertimenti. Ad esempio:
document.write serve per scrivere nella pagina. Lo vedremo in seguito. Nell'esempio che abbiamo visto or ora non serve avvertire l'utente che deve avere JavaScript abilitato: serve invece chiudere la tabella anche nel caso in cui il browser non legga il contenuto del tag i motori di ricerca (e i vecchi browser) non capiscono quasi niente: interpretano soltanto il codice html compreso all'interno del tag NOSCRIPT. Si tratta anche di un comportamento logico: infatti al tempo dei vecchi browser, JavaScript ancora non era stato inventato, e dunque essi non avevano modo di sapere che cosa fosse. In realtà sono i browser "moderni" ad essere in grado di interpretare correttamente il rapporto tra SCRIPT e NOSCRIPT, e conoscendone il funzionamento, non visualizzano il contenuto all'interno del NOSCRIPT (o al contrario lo visualizzano quando JavaScript viene disabilitato). Nel caso in cui lo stesso JavaScript venga ripetuto in più pagine, può essere utile includere il codice in un file esterno. Questo ci permette di: * scrivere le correzioni, migliorie, variazioni in unico file; senza dover modificare tutte le pagine che utilizzano quella sintassi * migliorare la velocità di visualizzazione delle pagine, dal momento che il file (come le immagini e i fogli di stile esterni) viene memorizzato nella cache del browser Si tratta di prender tutto il codice Javascript elaborato e inserirlo in un file di testo vuoto. È sufficiente mettere il codice così com'è senza nessun preambolo. Potremmo inserire, ad esempio, anche soltanto: alert("ciao"); Il file va poi salvato con estensione ".js". Avvertenza: per visualizzare le estensioni dei file dovete andare in un cartella del vostro computer e poi utilizzare i comandi: strumenti > opzioni cartella > visualizza e assicurarvi che la voce "Nascondi l'estensione dei file conosciuti" non sia selezionata. Infine schiacciate il bottone che dice di applicare le impostazioni a tutte le cartelle. È importante che siate in grado di identificare l'estensione dei file. Un errore tipico dei principianti è quello di creare dei file che si chiamano "nomeFile.js" ed in realtà hanno estensione ".txt" (il file errato sarebbe quindi "nomeFile.js.txt", mentre voi dovete creare il file "nomeFile.js"). Una volta che avete creato il file "js", non vi resta che includerlo nelle pagine. La sintassi è: Come si vede il codice JavaScript inserito all'interno dei commenti non viene eseguito. Si tratta di una caratteristica utile, perché ci permette di commentare / decommentare porzioni di codice di cui non conosciamo ancora l'esattezza o l'efficacia. I commenti sono indispensabili per mantenere il codice ordinato e leggibile. Bisogna sempre tenere sempre presente che - a differenza dell'HTML - JavaScript è un linguaggio di scripting: non esitono dunque degli editor visuali in grado di ricostruire la pagina e guidarvi all'interno di centinaia di righe di codice. Coi commenti possiamo dunque documentare e rendere comprensibile ogni passaggio della nostra programmazione. Ad esempio: Molti programmatori - per pigrizia - non inseriscono i commenti, ma alla lunga è una strategia perdente, perché lo stesso individuo, a distanza di mesi, può aver difficoltà a riconoscere e interpretare il codice che lui stesso ha scritto. Evidentemente i commenti diventano tanto più necessari, quando si lavora in gruppo. Scrivere nella pagina Uno dei metodi più importanti di JavaScript è il metodo write che si riferisce all'oggetto document (la pagina). Questo metodo ci consente di scrivere all'interno di una pagina HTML usando JavaScript. Vediamo subito un esempio: Corso JavaScript ad esempi Come si può vedere la sintassi è: document.write("scritta"); quello che vogliamo scrivere deve essere racchiuso tra virgolette (significa che si tratta di una sequenza di caratteri, ovvero di una stringa), oppure deve trattarsi di una valore che JavaScript può convertire in automatico in una stringa, come un numero: document.write(1); Il punto e virgola invece non c'entra con il metodo write, ma indica soltanto che l'istruzione è terminata. Con questo metodo possiamo scrivere anche del codice HTML: Corso JavaScript ad esempi NB: la riga javascript non va a capo Se il codice HTML (o la scritta) all'interno del metodo document.write() contiene delle virgolette queste devono essere precedute dal "back-slash" (cioè \ ). Si tratta del cosidetto "carattere di escape", vedremo in seguito di chiarire meglio il suo utilizzo. Dobbiamo ricordare ancora una volta che i motori di ricerca non leggono JavaScript, e che quindi è bene scrivere il codice HTML attraverso questo linguaggio soltanto nel caso in cui abbiamo delle ragioni particolari per farlo. Se volete approfondire la conoscenza del metodo document.write(), potete consultare un articolo_di_PRO.HTML.it in cui viene spiegato come utilizzando i JavaScript esterni e il document.write() sia possibile creare delle vere e proprie inclusioni lato-client di intere parti della pagina. Vi capiterà di scrivere delle porzioni di codice più o meno complesse, e vi capiterà senz'altro di fare degli errori. Se dimenticate un punto e virgola, se non chiudete le virgolette, o dimenticate una parentesi... in tutti questi casi state commettendo un errore e non vi funzionerà più nulla. Anzi: Internet Explorer visualizzerà un messaggio di errore in basso a sinistra (una specie di triangolino giallo). Come fare quindi? Niente paura: tutti i principali browser hanno incorporato un debugger, uno strumento cioè che vi permette di individuare i "bugs" (letteralmente gli insetti): i vostri errori nel programma. Proviamo ad esempio a scrivere white al posto di write: Corso JavaScript ad esempi Non riconoscendo il metodo, il browser vi segnalerà un errore. Vediamo ora come attivare il debugger e individuare l'errore. Browser Come attivare il debugger Strumenti > Opzioni Internet > Avanzate verificare che la voce “Disabilita il debug degli script†non sia selezionata. Internet Explorer Oppure alla comparsa del primo errore: - cliccare due volte sul messaggio di errore in basso a sinistra - selezionare la voce: “visualizza sempre i messaggi di errore†Netscape 4.x Ogni volta che si vuole effettuare il debug digitare nella barra degli indirizzi: Netscape 6.x javascript: premere “invioâ€. Si aprirà la “console javascript†con tutte le indicazioni degli errori. Opera Files > Preferences > Multimedia selezionare “report JavaScript errors†Se visualizziamo la pagina di prima, con il debugger attivo otteniamo il seguente messaggio di errore: "Linea 10. Errore: l'oggetto non supporta questo metodo o proprietà " A questo punto, se usiamo il Blocco note di Windows siamo costretti a contare le righe a mano, ma se usiamo qualche altro software un po' più evoluto (HomeSite, oppure FirstPage - quest'ultimo è gratis) basterà selezionare l'opzione che visualizza il numero delle righe per visualizzare in tutta comodità la riga contenente l'errore (per lo più l'opzione viene azionata o disabilitata da un tasto con il simbolo convenzionale "#"). Grazie alle indicazioni del debugger possiamo individuare e correggere gli errori anche in codici molto più complessi di quello utilizzato nell'esempio. Un'avvertenza: poiché browser diversi hanno caratteristiche differenti (come abbiamo visto), ogni browser visualizzerà differenti messaggi di errore a seconda del codice. Se nella stragrande maggioranza dei casi i browser si comporteranno nello stesso modo, dovete prestare particolare attenzione in quei casi in cui elaborare JavaScript che riguardano i livelli, o in tutti quei casi in cui il DOM dei vari browser non coincida. Per ora abituatevi ad eseminare la stessa pagina con diversi browser: se non compaiono messaggi di errore strani tutto va bene, in caso contrario preoccupatevi di individuare e correggere l'errore. Curiosità : Sulla parola "bug" ("insetto") c'è un aneddoto divertente. Il 9 settembre del 1945 Grace Murray Hopper (ufficiale e matematica di gran valore) che prestava servizio in Virginia presso la marina militare degli Stati Uniti stava cercando di trovare l'errore che inceppava il computer basato su un sistema Harvard Mark II, quando trovò un insetto che girovagava allegramente in mezzo ai circuiti e che era la causa del malfunzionamento. Da allora il termine "bug" entrò nell'informatica per indicare un errore di programmazione. Potete leggere tutta la vicenda nella Storia_di_Grace_Murray_Hopper. JavaScript è in grado di generare tre differenti tiplogie di "finestre implicite" (dette anche "finestre incorporate", "finestre modali", o "finestre di dialogo"), che avremo modo di utilizzare più volte nei nostri script (soprattutto l'alert). **** Alert **** Abbiamo già incontrato l'alert diverse volte nel corso delle nostre lezioni e si tratta senz'altro della finestra che vi capiterà di utilizzare più spesso: l'alert visualizza un avvertimento, un messaggio di errore che blocca qualsiasi azione dell'utente finché egli non dà il suo benestare cliccando sul bottone. La sintassi è: alert("messaggio"); Il contenuto dell'alert deve essere sempre una stringa (cioè una sequenza di caratteri), il che vuol dire che deve essere racchiuso tra virgolette oppure che deve essere un valore che JavaScript sia in grado di convertire in automatico in un valore letterale (come nel caso dei numeri). Come per il document.write(), se dovete usare delle virgolette all'interno del messaggio è bene che usiate i caratteri di escape (cioè il back-slash), onde evitare gli errori. Ad esempio: alert("Marco disse \"Ciao Mondo!\""); Ecco un esempio di alert: testo link testo_link Come si può vedere, finché l'utente non clicca su "ok", la pagina non va verso il link indicato. Da notare le virgolette ad apice semplice dentro le virgolette ad apice doppio, per evitare di "chiudere prematuramente" il contenuto dell'evento onClick. **** Confirm **** È una finestra che pone una domanda e chiede conferma dando la possibilità di scegliere tra due opzioni ("ok" e "annulla"). La sintassi è: confirm("messaggio"); Mentre l'alert concede una sola possibilità di scelta ("ok"), il confirm dà la possibilità di scegliere tra due opzioni: testo link testo_link **** Prompt **** È una finestra che pone una domanda e consente all'utente di dare la risposta che vuole. Può avere anche un valore di risposta predefinito. La sintassi è: prompt("domanda","risposta predefinita"); la risposta predefinita è facoltativa. Ad esempio: o anche: Per visualizzare il nome dell'utente nella pagina dovremo poi "catturarlo" in qualche modo. Vedremo più avanti come fare. Nota a margine Nell'ottica in cui abbiamo affrontato il corso finora è bene specificare che in realtà le finestre modali sono metodi dell'oggetto "window". Quindi la sintassi estesa per visualizzare le finestre modali dovrebbe essere: window.alert("messaggio"); window.confirm("messaggio"); window.prompt("domanda","risposta predefinita"); Le finestre che abbiamo visto nella lezione precedente sono finestre di sistema. Hanno una grafica minimale e pre-impostata, che di solito va scarsamente d'accordo con un sito dalla grafica accattivante in cui viene studiato ogni minimo particolare. Con JavaScript possiamo creare delle finestre personalizzate che si adattino alle nostre esigenze. La sintassi è questa: window.open('percorso','nome finestra','caratteristiche separate da virgola'); Percorso Indica un percorso (relativo o assoluto) di un file html da inserire all'interno della finestra Nome finestra Indica il nome della finestra che abbiamo creato (opzionale) Caratteristiche separate Specifica la forma, la dimensione e la posizione della finestra, possiamo anche far sì che la finestra non sia ridimensionale, o che non ci siano le barre degli strumenti e le barre di da virgola scorrimento. Abbiamo quindi la possibilità di specificare tre diversi parametri che ci permettono di creare una finestra che si adatti alle nostre esigenze. Il fatto che ciascun parametro sia indicato tra virgolette (semplici o doppie, non importa) ci dice inoltre che ci troviamo di fronte a delle stringhe (sequenze di caratteri). Ognuno di questi parametri può essere lasciato vuoto, ma la sua presenza va comunque indicata. Così: window.open('','',''); La sintassi qui sopra apre una finestra vuota. Vediamo un esempio concreto: esempio Come abbiamo visto nel corso delle lezioni precedenti possiamo applicare anche la sintassi JavaScript agli eventi. Ad esempio questa sintassi apre un'ulteriore finestra secondaria al click del mouse. Abbiamo dunque realizzato la possibilità di cambiare due link con un solo click: esempio due link on un solo click Ovviamente è possibile associare la capacità di aprire finestre secondarie anche ad altri eventi. Ad esempio con: la finestra secondaria si apre all'apertura della pagina. E con: la finestra si apre invece alla chiusura della pagina. È bene però non esagerare con l'apertura selvaggia di finestre secondarie (le cosiddette "pop-up"), perché gli utenti di solito non le amano molto e le chiudono appena possibile. Inoltre esistono alcuni software che consentono all'utente di impedire che i siti web aprano delle finestre secondarie nelle pagine in cui essi stanno navigando. Per quel che riguarda il secondo parametro (il nome della finestra) è da dire che, se il metodo window.open viene richiamato due volte all'interno della stessa pagina ed esiste già una finestra con lo stesso nome, non vengono create due differenti finestre, ma viene ricaricato il contenuto della finestra già esistente (e se la seconda finestra ha caratteristiche diverse dalla prima, le nuove caratteristiche vengono ignorate, in quanto la finestra è già stata "formata"). Inoltre se la finestra ha un nome, questo nome può essere usato come valore dell'attributo "target" nei tag "A" e "FORM". È quindi possibile ricaricare il contenuto di una finestra secondaria, semplicemente specificando il "target" del link nella finestra principale. Un esempio chiarirà tutto: esempio prima finestra
seconda finestra
ricarica il contenuto
Le caratteristiche della finestra le esamineremo nella lezione successiva. **** Note a margine **** Come i più accorti avranno notato window.open() è anch'esso un metodo dell'oggetto window, come window.alert(), window.confirm() e window.prompt. Più precisamente il metodo window.open() ha quattro argomenti, non tre: window.open('percorso','nome finestra','carrateristiche separate da virgola','cronologia'); L'ultimo argomento serve solo nel caso in cui il contenuto di una finestra debba essere ricaricato: si può allora specificare se il nuovo valore deve sostituire il valore precedente nella cronologia, o se piuttosto deve essere inserito un nuovo valore nella cronologia. In questo caso (e solo in questo caso) bisognerà specificare: esempio prima finestra
seconda finestra
(cancellate la cronologia del vostro browser e osservate l'esempio, inserendo oppure omettendo il quarto parametro). Nella maggior parte delle situazioni in cui vi verrete a trovare il quarto argomento potrà essere tranquillamente omesso. **** Ultima considerazione **** Per rendere più intuitivi i concetti abbiamo spesso parlato di "parametri". Chi conosce già la programmazione sa che questo è scorretto, molte volte avremmo dovuto parlare di "argomenti". Tuttavia preferisco spiegare soltanto in un secondo momento che cosa sono gli "argomenti" e quindi ho preferito utilizzare una terminologia imprecisa, ma di più immediata comprensione. Finora abbiamo esaminato la seguente sintassi: window.open('percorso','nome finestra','valori separati da virgola'); in cui i primi due parametri ci permettono di specificare il percorso del file html e il nome della finestra. Abbiamo detto che il terzo parametro (l'ultimo della lista) ci permette di creare una finestra "come vogliamo noi". Per farlo è sufficiente impostare una serie di caratteristiche separate dalla virgola (ognuna di queste variabili si può inserire oppure omettere e non comparirà ). Ad esempio: La sintassi è questa: window.open('http://www.html.it','miaFinestra','width=300,height=300 ,toolbar=yes, location=no,status=yes,menubar=yes,scrollbars=no,resizable=no'); NB la riga precedente non va a capo L'esempio crea una finestra di 300 x 300 con la barra degli strumenti, la barra del menu, la barra di stato (quella in basso), ma senza la barra degli indirizzi; la finestra non può essere inoltre ridimensionata. Vediamo nel dettaglio quali sono le principali caratteristiche che possono essere attribuite alla finestra: Caratteristica Valore Spiegazione Esempio width numerico La larghezza della finestra in pixel width=400 height numerico L'altezza della finestra in pixel height=200 left numerico La distanza dalla sinistra del monitor left=300 top numerico La distanza dal lato superiore del monitor top=350 resizable yes / no Indica se la finestra può essere ridimensionata o no resizable=no fullscreen yes / no Indica se la finestra va aperta a tutto schermo fullscreen=no channelmode yes / no Indica se la finestra deve essere aperta "in modalità canale" (solo per IE)channelmode=no menubar yes / no La barra del menu (quella con scritto "File", "Modifica", ecc.) menubar=no toolbar yes / no La barra degli strumenti del browser (con i pulsanti "indietro", "avanti") toolbar=no location yes / no La barra degli indirizzi del browser location=no scrollbars yes / no Le barre di scorrimento laterali scrollbars=no status yes / no La barra di stato (quella in basso) status=no Come si può intuire dagli esempi, la sintassi deve avere la forma: caratteristica=[valore] inoltre, come detto più volte, le varie caratteristiche devono essere separate dalla virgola. Ad esempio con: apri a tutto schermo Si apre una finestra a schermo intero (che può essere chiusa dall'utente solo utilizzando la combinazione di tasti Ctrl + W o ALT + F4). Invece con: window.open('sponsor.htm', '', 'width=220,height=220,scrollbars=no'); si apre una finestra analoga alla "finestra dello sponsor di HTML.it". Per evitare ogni volta di ripetere tutte quante le caratteristiche delle finestre possiamo inoltre tener presente due scorciatoie. 1. Quando una caratteristica viene omessa il suo valore: o viene impostato a "0" nel caso di left e top o viene impostato sull'intera grandezza dello schermo nel caso di width e left o viene automaticamrnte impostato su "no" in tutti gli altri casi 2. Quando una caratteristica viene impostata su "yes" o la forma "caratteristica=yes" può anche essere scritta semplicemente con "caratteristica". Ad esempio: window.open('http://www.html.it','','fullscreen');" Quindi al posto di: window.open('sponsor.htm', '', 'width=220,height=220,left=0,top=0,resizable=no,menubar=yes,toolbar=yes, scrollbars=no,locations=no,status=no'); NB La riga precedente non va a capo. basterà scrivere: window.open('sponsor.htm', '', 'width=300,height=300,menubar,toolbar'); Conviene immaginare le variabili come delle "scatole" all'interno delle quali immagazzinare dati. In JavaScript per creare delle variabili è sufficiente assegnare un contenuto. Così: mioNome="Wolfgang"; Come si vede dall'esempio, l'espressione che crea una variabile è composta da tre parti: * nome della variabile (mioNome) * operatore di assegnamento (=) * contenuto ("Wolfgang") Volendo è anche possibile esplicitare la creazione della variabile, al fine di rendere più chiara la sintassi. Così: var mioNome; // creo una variabile che si chiama "mioNome" mioNome="Wolfgang"; //assegno a mioNome il contenuto "Wolfgang" Una variabile potrà contenere qualsiasi tipo di dati valido e cioè: Tipo di dati Spiegazione Esempio Numero Qualsiasi valore numerico miaVariabile=300; Numero a virgola mobile Numeri con virgola miaVariabile=12.5; Stringa Qualsiasi valore letterale. È una sequenza di caratteri, racchiusa tra virgolette. miaVariabile= “Wolfgangâ€; null È uno speciale tipo di dato che indica l’assenza di alcun valore (“è il nullaâ€). Non è lo zero. miaVariabile=null; Vero: miaVariabile=true; miaVariabile=1; booleano È uno tipo di dato che indica uno stato. Di fatto un valore booleano può assumere solo due valori: acceso (vero), spento (falso). È il classico “interruttore della lu Falso: miaVariabile=false; miaVariabile=0; Esiste anche un tipo di dati particolare, l' "array" su cui ci soffermeremo in seguito. In altri linguaggi di programmazione (C, C++, Java) le variabili di solito devono essere prima "inizializzate" scegliendo il tipo di dati che esse devono contenere: in questo modo si sceglie infatti lo spazio di memoria che la variabile deve occupare; solo in un secondo momento viene assegnato il contenuto. In JavaScript, come in altri linguaggi di scripting e di programmazione più moderni (php, asp, python), l'inizializzazione (cioè la scelta del tipo di dati) avviene in automatico. Quindi se voi scrivete: mioNome="Wolfgang"; avete creato in automatico una stringa. Le variabili in JavaScript (quando non si trovino all'interno di funzioni) hanno validità in tutta la pagina. Vedremo meglio in seguito che cosa significa quest'affermazione. Se volete creare una stringa e vi dimenticate le virgolette, incorrerete in un errore. Ad esempio: mioNome=Wolfgang; vi darà errore, perché Wolfgang non è tra virgolette (non è quindi una stringa) e il motore di scripting che interpreta la pagina si aspetterà di trovare un'altra variabile che si chiama Wolfgang. Ricordate sempre che quando create delle stringhe dovete seguire delle semplici regole: * tutto il contenuto della stringa deve essere compreso tra le virgolette di apertura e quelle di chiusura (non importa che si tratti di virgolette semplici o di virgolette doppie) * non dovete andare a capo tra l'apertura e la chiusura * se all'interno della stringa aprite delle altre virgolette (dello stesso tipo di quelle aperte poc'anzi) incorrete in un errore Ad esempio una sintassi di questo genere è errata: miaScritta="ho detto "basta!""; perché la stringa non viene scritta correttamente (viene infatti chiusa prematuramente). Ci sono diversi stratagemmi per utilizzare le virgolette all'interno di una stringa. Vediamone alcuni: Stratagemma Descrizione Esempio Carattere di escape Si fanno precedere le virgolette interne alla stringa da un carattere di escape (il back-slash), che fa sì che le virgolette siano miaScritta=â€ho detto \“basta!\â€â€; \†ignorate Apici semplici dentro apici doppi Cambiando il tipo di virgolette, si evita di chiudere impropriamente la stringa miaScritta=â€ho detto ‘basta!’â€; “ ’ ’ †Apici doppi dentro apici semplici Ovviamente anche l’esempio contrario è valido miaScritta=’ho detto “basta!â€â€™; ‘ “ “ ‘ Trasformare le virgolette in " Trasformando le virgolette nei caratteri speciali dell’HTML il risultato non cambia miaScritta=â€ho detto " basta!"â€; “ " " “ Potete invece assegnare a una variabile il contenuto di un'altra variabile, in un gioco di matrioske. Così: Wolfgang="sono io"; mioNome=Wolfgang; alert(mioNome); //visualizza "sono io" In questo caso non avrete nessun errore, perché la "Wolfgang" non è una stringa ma una variabile creata all'interno della pagina. Riprendiamo l'esempio del metodo prompt() che abbiamo vistoqualche_lezione_fa. Questo metodo ci restituisce quello che l'utente scrive all'interno della finestra di dialogo. prompt("Scrivi il tuo nome","il tuo nome"); //chiede all'utente di scrivere il suo nome e restituisce il nome dell'utente Possiamo sfruttare questa caratteristica ad esempio per "memorizzare" il nome dell'utente e andarlo a scrivere poi nel corpo della pagina. Per memorizzare il nome dell'utente, basta inserire il nome in una variabile. Alla fine non ci resta che scrivere nel corpo della pagina (con un document.write() )la variabile memorizzata. Così: Esempio Da notare come il secondo document.write() dell'esempio non faccia uso di virgolette (per quanto il document.write() accetti soltanto delle stringhe), dal momento che il contenuto della variabile è già riconosciuto come stringa. Ovviamente non è possibile usare questo esempio in un sito web, perché la pagina ci chiederebbe il nostro nome ogni volta che la carichiamo. Le variabili infatti hanno validità all'interno della singola pagina, dopodiché vengono distrutte, non c'è modo dunque di creare una variabile che si conservi nel tempo (almeno non in modo immediato). È stata una scelta degli ideatori di JavaScript, dovuta a motivi di sicurezza. Per applicare concretamente l'esempio che abbiamo visto in un sito web dovremmo utilizzare qualche espediente per memorizzare i dati dell'utente (un ottimo metodo sarebbe sen'altro l'utilizzo di un cookie). Quello che rende le variabili interessanti è ovviamente la possibilià di operare con esse. Non solo i tipi numerici possono essere addizionati, sottratti, moltiplicati e divisi; ma anche le stringhe possono essere manipolate in vario modo. L'operazione di somma (cioè di concatenamento) di stringhe è, ad esempio, di estrema semplicità . Nell'esempio della lezione precedente al posto di: document.write("Benvenuto "); document.write(nomeUtente); avremmo potuto scrivere: document.write("Benvenuto "+nomeUtente+"!"); In cui si vede chiaramente che stiamo facendo un'operazione di concatenamento di questo tipo: Stringa + variabile di tipo stringa + Stringa Inoltre la capacità di JavaScript di convertire in automatico i tipi di dati ci aiuta enormemente nelle operazioni tra variabili. Vediamo questo esempio: anno=2002; scritta="Siamo nel "; scrittaTotale= scritta+anno; document.write(scrittaTotale); Come si vede un tipo numerico (anno) viene convertito senza troppi problemi in una stringa e sommato a un'altra stringa. Esaminiamo ora un esempio concreto in cui utilizziamo le operazioni tra variabili per posizionare le finestre. Come abbiamo_visto il metodo window.open() ci permette di posizionare le finestre dove vogliamo. Purtroppo basta che l'utente cambi risoluzione per avere un diverso posizionamento della finestra. Ad esempio: window.open("sponsor.htm","", "left=500,top=150,width=300,height=300,menubar,toolbar"); dà un diverso risultato se la risoluzione è di 800x600, o se la risoluzione è di 1024x768 (per cambiare risoluzione, utilizzare il tasto destro sul desktop e poi proprietà > schermo > impostazioni). Il problema è comunque analizzato accuratamente in un nostro articolo dedicato a come costruire un sito per diverse_risoluzioni. Noi vogliamo invece posizionare una finestra a destra del monitor e a metà dello schermo indipendentemente dalla risoluzione. Ci viene subito in mente che per posizionare la finestra in questo modo possiamo utilizzare un po' di formule: posizione da sinistra = larghezza dello schermo - larghezza della finestra posizione dall'alto= (altezza dello schermo - altezza finestra)/2 Traduciamo queste formule in codice JavaScript. La proprietà che indica la larghezza dello schermo è screen.width, per l'altezza useremo invece screen.height. Quindi: larghFinestra=300; //creo una variabile contenente la larghezza della finestra altezFinestra=300; // creo una variabile contenente l'altezza della finestra sinistra=screen.width-larghFinestra; //creo una variabile e mi ricavo il valore della posizione della finestra a sinistra dello schermo alto=(screen.height-larghFinestra)/2; //creo una variabile e mi ricavo il valore della posizione della finestra dall'alto dello schermo one della finestra a sinistra dello schermo NB: le righe precedenti non vanno a capo Da notare le parentesi nell'ultima formula, che indicano la precedenza degli operatori: come abbiamo imparato dalle Scuole Medie in poi, se non avessi messo la parentesi la divisione sarebbe stata eseguita prima della sottrazione, dando luogo a un risultato errato. A questo punto non ci resta che inserire le variabili che abbiamo calcolato all'interno della sintassi del window.open(). Così: window.open("sponsor.htm","", "left="+sinistra+",top="+alto+",width="+larghFinestra+", height="+altezFinestra+",menubar,toolbar"); Se vogliamo "scostare" la finestra dal bordo destro dello schermo non abbiamo che da portare la finestra più in qua (il "left" della finestra inizierà quindi un po' prima) , così: sinistra=screen.width-larghFinestra-20; Vediamo l'esempio completo: Esempio Come si può notare nell'esempio il "+" viene usato con due valori diversi: * quando ci troviamo ad operare con i numeri dà luogo a una somma * quando ci troviamo ad operare con le stringhe dà luogo a un concatenamento di variabili Per chi volesse approfondire l'argomento, nel corso di javaScript è presente una lista degli operatori_Javascript che possiamo utilizzare quando manipoliamo le variabili. Sotto alcuni aspetti gli oggetti possono essere paragonati a delle variabili. In più hanno però la capacità di compiere delle azioni. Se io creo ad esempio: miaFinestra=window.open("sponsor.htm","", "left=500,top=150,width=300,height=300,menubar,toolbar"); non ho creato una variabile, ma ho creato in realtà un oggetto che eredita i metodi ("le azioni") propri dell'oggetto window. Questo significa che posso utilizzare l'oggetto miaFinestra per compiere determinate operazioni. Ad esempio: Azione Spiegazione Nella finestra principale: Chiude la finestra secondaria miaFinestra.close() Nella finestra stessa: Chiude la finestra secondaria miaFinestra.close() self.close() Nella finestra stessa: Proverà a chiudere la finestra principale (“opener†è appunto la finestra principale), ma per motivi di sicurezza verrà visualizzato un messaggio di conferma. miaFinestra.opener.close() Ecco un esempio completo: Esempio chiudi La differenza tra le variabili è gli oggetti è che le prime sono dei meri contenitori "stupidi", i secondi invece sono in grado di compiere determinate azioni (a seconda di come siano stati definiti e a seconda dei metodi che hanno a disposizione). Torneremo in seguito sugli oggetti, approfondendo il loro utilizzo. Per ora basti sapere che gli oggetti possono essere paragonati a delle "variabili potenziate", in quanto in grado di compiere delle azioni. Le funzioni sono un comodo contenitore in cui racchiudere il codice. Anziché "sporcare la pagina" mischiando codice HTML e linguaggio JavaScript, è sufficiente inserire il codice in una funzione e richiamare la funzione quando occorre. La sintassi necessaria per creare una funzione è questa: function nomeFunzione() { // nostro codice } Insomma tutto il codice da noi elaborato deve essere contenuto all'interno delle parentesi graffe, che delimitano l'inizio e la chiusura della funzione (Con Windows per digitare le parentesi graffe comporre la combinazione di tasto: Alt Gr + Shift + tasto con parentesi quadre. Lo "Shift" è il tasto con la freccia necessario per scrivere le maiuscole, da non confondere con il "Caps Lock"). La funzione che abbiamo appena creato si richiama poi con: nomeFunzione(); da inserire nella head, nel corpo della pagina, oppure da richiamare tramite un evento. Digitando questa sintassi non facciamo che richiamare il gruppo di istruzioni contenuti all'interno della funzione. Per mantenere poi ordine all'interno della pagina, dobbiamo inserire tutte le nostre funzioni all'interno della HEAD del documento, e richiamarle nella stessa HEAD o nel BODY (come detto - facendovi riferimento tramite un evento oppure inserendole nel punto esatto in cui ci serve richiamarle). Vediamo un semplice esempio, per afferrare subito il concetto. Da inserire nel tag script: function saluta() { alert ("ciao"); } saluta(); C'è una particolarità da notare che finora non abbiamo ancora espresso con chiarezza, ma che dovrebbe essere emersa dai numerosi esempi presentati: ogni istruzione JavaScript deve essere conclusa con un punto e virgola. Se rielaboriamo alcuni degli esempi, esaminati nelle pagine precedenti, tramite l'utilizzo delle funzioni otteniamo una sintassi molto più "pulita": Corso JavaScript ad esempi clicca per ricevere un saluto

Nell'esempio che abbiamo esaminato or ora sono presenti tre funzioni, due delle quali vengono richiamate attraverso l'utilizzo di eventi, mentre la terza viene richiamata all'interno della pagina. Da notare inoltre che l'evento "onLoad" viene eseguito subito dopo il completamento della pagina, dunque una funzione richiamata all'interno del BODY della pagina verrà "lanciata" prima della funzione richiamata dall'evento onLoad. Nel nostro esempio la funzione "scriviRisoluzione()" viene lanciata prima della funzione "aprifinestra()". È evidente che tramite un utilizzo oculato di funzioni ed eventi è possibile creare delle pagine molto ordinate, con il codice JavaScript suddiviso in molteplici parti, "azionato" soltanto quando richiamato. **** Nota a margine **** In realtà è possibile specificare che la funzione deve essere richiamata da un determinato evento direttamente dal codice JavaScript. La sintassi è questa (da inserire nella HEAD): Come si vede nell'esempio il collegamento tra l'evento "onload" e la funzione "saluta" viene creato dalla stessa sintassi JavaScript, anziché essere specificato nel codice HTML. Prendiamo in considerazione questo esempio: in questo primo esempio una variabile viene creata e inizializzata al di fuori della funzione ed è poi richiamata all'interno della funzione stessa, senza che tutto ciò crei minimamente dei problemi. Esaminiamo un altro esempio: Corso JavaScript ad esempi In questo esempio due variabili vengono create all'interno delle funzioni e richiamate poi dall'esterno: in un caso la variabile viene scritta addirittura in pagina senza che tutto ciò crei minimamente dei problemi. Molti linguaggi di programmazione creano una distinzione netta tra le variabili create all'interno del programma (nel nostro caso all'interno della pagina) e le variabili create all'interno delle funzioni. Le prime prendono il nome di variabili globali e sono valide in tutto il programma, le seconde vengono dette variabili locali e sono valide soltanto all'interno della funzione. Per indicare il contesto entro cui una variabile è valida si parla di solito di ambito delle variabili (in inglese "scope"). Per semplificare la vita del programmatore, in JavaScript questa distinzione è valida solo se espressamente richiesta dal programmatore stesso. Visto che questi sono i nostri primi programmi, possiamo evitare di distinguere tra variabili locali e variabili globali. Facciamo però attenzione a non incappare in due tipici errori: 1. 2. Evitiamo di sovrascrivere le variabili nei nostri programmi. Ad esempio: Corso JavaScript ad esempi Nell'esempio, dato che la variabile "nome" viene inizializzata dopo la funzione, il contenuto della variabile creata nella funzione viene sovrascritto. 1. Ricordiamoci di utilizzare gli eventi nel modo appropriato: Corso JavaScript ad esempi In questo caso siamo incappati un errore grossolano: la variabile "nome" viene richiamata dal document.write (che si trova nel corpo della pagina) senza essere stata ancora creata, infatti l'evento onLoad (che richiama la funzione che crea la variabile) viene lanciato dopo il completamento della pagina. Abbiamo visto che, se vogliamo, possiamo fare a meno di distinguere tra variabili globali (quelle valide in tutta la pagina) e variabili locali (quelle valide solamente all'interno delle funzioni). Qualche lettore esperto, può però trovarsi più a suo agio mantenendo questa distinzione (gli altri lettori possono passare oltre senza troppe preoccupazioni). Per creare le variabili locali (valide solo nella funzione) è sufficiente premettere alla dichiarazione di variabile il prefisso var. Guardate cosa succede se modifichiamo l'esempio della lezione precedente con il prefisso var: Corso JavaScript ad esempi le variabili non vengono più "lette", perché definite come "locali" all'interno della funzione. Dunque il motore di scripting della pagina si dimentica di queste variabili appena uscito dalla funzione. Un ulteriore esempio chiarirà tutto: Tra le due variabili "vince" la variabili globale, perché la variabile locale ha il suo ciclo di vita solo all'interno della funzione. Se utilizziamo variabili globali e variabili locali, le funzioni diventano una scatola chiusa, e il suo interno non vede nulla di quanto avviene al di fuori. Avremo quindi bisogno di strumenti per passare dei valori all'interno della funzione, e di altri strumenti per estrarre quello che abbiamo elaborato dentro la funzione stessa: li vedremo nelle prossime lezioni. **** Nota Bene **** Se volete evitare di avere problemi di vario genere con variabili locali e variabili globali, semplicemente omettete "var" quando create delle variabili. In molti casi può essere utile passare dei "valori variabili" a una funzione, in modo da poterla utilizzare in molti contesti. In questo modo non siamo costretti a scrivere una funzione ogni volta che dobbiamo cambiare qualcosa: basta scrivere il codice una sola volta e individuare delle porzioni variabili. Facciamo un esempio concreto. C'è una pagina in cui vogliamo aprire tre differenti finestre di diverse dimensioni: * la prima di 300x290 e deve contenere un link a www.html.it * la seconda di 400x390 e deve contenere un link ad freeasp.html.it * la terza di 500x490 e deve contenere un link a free.php.html.it In questo caso non è necessario scrivere tre differenti funzioni: basta scrivere la funzione una volta sola, specificando che ci sono delle parti della funzione che variano. Queste parti variabili si chiamano argomenti o parametri e vanno espresse nella dichiarazione della funzione. Così: function nomeFunzione(argomento1, argomento2, argomento3, argomento4) { //codice } I parametri vengono indicati all'interno del codice nel punto che ci occorre, e svolgono a tutti gli effetti il ruolo di variabili. Nella chiamata alla funzione dovremo poi indicare il valore che i parametri assumono nel caso specifico. Ad esempio: nomeFunzione("finestraFreeAsp"1, 400,390, "http:// freeasp.html.it") { Gli argomenti sono quindi una specie di "ponte" tra l'interno e l'esterno della funzione. Vediamo un esempio semplice che ci permetta di afferrare subito il concetto: Esempio Saluta Saibal
Saluta Phantom
Saluta Berenicebis
Come si vede nell'esempio la funzione è sempre la stessa, ma c'è un "punto" che cambia: quel "punto variabile" è l'argomento che viene indicato nella dichiarazione della funzione, cioè qui: function saluta(nome) per poi essere applicato all'interno del codice al momento giusto. Cioè qui: alert("ciao "+nome); Torniamo all'esempio delle finestre, e riprendiamo quanto visto in una lezione_precedente: Esempio HTML.it
FREEASP
FREEPHP
come si vede la funzione che apre la finestra è sempre la medesima, cambiano invece le dimensioni, il nome della finestra e il link: tutto questo viene passato alla funzione come argomento. Abbiamo visto che se utilizziamo un approccio rigoroso con variabili globali e locali (quelle create con var) le funzioni diventano una scatola chiusa, e tutto quello che succede all'interno di una funzione non ha nessuna validità al di fuori. Ma come fare per comunicare con l'esterno? Se dobbiamo introdurre dei valori all'interno della funzione possiamo utilizzare gli argomenti, ma finora non abbiamo visto ancora nulla che ci permetta di restituire all'esterno dei valori. Vediamo un esempio. Per comodità decidiamo di inserire in una funzione il prompt con la richiesta di nome (che abbiamo esaminatoin_una_precedente_lezione) e decidiamo di utilizzare la dichiarazione di variabili locali. Corso JavaScript ad esempi Come si vede lo script che abbiamo composto dà errore, semplicemente perché la variabile è preceduta da var e quindi definita come locale: il browser (o più esattamente il motore di scripting del browser) si scorda della variabile appena fuori dalla funzione. Per risolvere questo problema dobbiamo utilizzare l'istruzione return, che serve per restituire i valori e fa sì che una funzione comunichi con l'esterno. Il return va messo sempre alla fine della porzione di codice che ci interessa, e si utilizza in due modi: return seguito da una variabile (o da un'espressione) restituisce il valore della variabile (o dell'espressione) return da solo fa terminare la porzione di codice Basta poi catturare tutta quanta la funzione in una variabile, per aver catturato il valore restituito dalla funzione stessa. Così: miaVariabile = miaFunzione(); Vediamo l'esempio precedente adattato con l'uso di return. Corso JavaScript ad esempi In JavaScript per lo più utilizzerete un approccio "soft" alle variabili, e spesso non distinguerete tra variabili globali e locali, quindi non vi capiterà spesso di usare return. Infatti per avere a disposizione nel resto della pagina un valore creato all'interno di una funzione, basta crearlo senza usare var. Tutto funziona alla perfezione se scriviamo: function chiediNome() { nomeUtente=prompt("Scrivi il tuo nome","il tuo nome"); } chiediNome(); alert(nomeUtente); Come abbiamo visto però, il return serve anche per bloccare l'esecuzione del codice e ci sono particolari contesti in cui può tornare particolarmente utile: lo vedremo nelle prossime lezioni. Vediamo comunque un esempio per afferrare subito il concetto: function saluta() { alert("primo ciao"); return; alert("secondo ciao"); } saluta(); come si vede il secondo alert non viene eseguito, perché posto dopo il return. **** Nota Bene **** A scanso di equivoci, è opportuno specificare che né gli argomenti, né il return sono obbligatori: in molti casi avremo funzioni che non hanno bisogno di nessun argomento, e che non restituiscono alcunché. Il codice che abbiamo utilizzato fino a questa lezione è molto semplice: si è sempre trattato di lavorare con le finestre, inserire dati in variabili e al massimo abbiamo sommato delle stringhe. Se la programmazione fosse soltanto questo, avremmo la possibilità di compiere ben poche operazioni. In realtà programmare è qualcosa di più complesso, dal momento che siamo in grado di porre delle condizioni, impostare delle ripetizioni, e altro. Possiamo ad esempio volere che il programma che stiamo scrivendo faccia qualche cosa soltanto a una determinata condizione (ad esempio solo nel caso in cui il browser dell'utente sia Internet Explorer). Potremmo schematizzare così: * se una determinata condizione è verificata… * fai questo Più esattamente si tratta di prendere una determinata condizione, valutarla, e se è vera (cioè se restituisce true), verranno eseguite le istruzioni indicate. Se la condizione non si verifica non verrà fatto alcunché. Ecco una rappresentazione grafica di quello che abbiamo appena detto: [Diagramma di flusso] Ed ecco il modo in cui JavaScript (in maniera del tutto analoga al C) esprime questo costrutto: if (espressione da verificare) { //istruzioni } La struttura della sintassi è chiara: la condizione da verificare viene indicata tra le parentesi tonde che seguono l'if (in inglese "se", appunto). Notare le parentesi graffe, che racchiudono il codice da eseguire nel caso in cui la condizione sia valida. È bene inoltre ricordare, che ogni istruzione deve essere seguita dal punto e virgola. Per afferrare subito la sintassi per un po' vedremo alcuni semplici esempi numerici. Non appena saremo padroni dei concetti torneremo ad esaminare esempi pratici, inerenti il webpublishing. Vediamo un esempio di if: x=5; // sostituite x con quello che volete if (x==5) { alert("la variabile x è uguale a 5"); } L'espressione (x==5) risulta vera, dal momento che la variabile è stata creata appositamente con il valore richiesto dalla condizione (ma d'ora in poi provate a sostituire il valore della variabile creata all'inizio degli esempi per vedere i differenti risultati degli script). Infatti se invece abbiamo: x=6; if (x==5) { alert("la variabile x è uguale a 5"); } L'espressione dell'esempio viene valuta, ma dal momento che non è vera l'alert non viene visualizzato. Negli esempi appena esaminati, abbiamo incontrato per la prima volta l'operatore di uguaglianza, cioè ==, che ci permette di verificare che le variabili (o le espressioni) a sinistra e a destra dell'uguale abbiano lo stesso valore. **** Nota a margine **** Le parentesi graffe sono necessarie soltanto nel caso in cui le istruzioni da eseguire siano più di una, altrimenti possono essere anche omesse. Infatti le parentesi graffe indicano sempre l'esistenza di un blocco di istruzioni (le abbiamo già incontrate nelle funzioni con la medesima funzione). Ad esempio: x=5; if (x==5) alert("la variabile x è uguale a 5"); o anche tutto su una riga: x=5; if (x==5) alert("la variabile x è uguale a 5"); mettere le parentesi graffe in presenza di una sola istruzione tuttavia non costituisce errore e di solito conferisce una maggior leggibilità al codice. Nella lezione precedente abbiamo introdotto il concetto intuitivo di "condizione da valutare". In realtà si tratta più esattamente di valutare che la relazione tra due valori (o espressioni) sia vera. Infatti la condizione da valutare di solito viene espressa sotto forma di relazione, cioè così: valore 1 - operatore di relazione - valore 2 Ad esempio: x==5 Ed ecco gli altri operatori: Operatore Spiegazione Esempio > maggiore x>7 >= maggiore uguale x>=7 < minore x<7 <= minore uguale x<=7 == uguale nome==â€Mario†!= diverso Nome!=â€mario†Un errore tipico dei principianti è quello di confondere l'operatore di uguaglianza, con il doppio simbolo "=" (==) con l'operatore di assegnamento (=). Ad esempio questo: x=8; if (x=5) { //dovrebbe essere ==, non = alert("la variabile x è uguale a 5"); } risulterà sempre vero, perché all'interno delle parentesi viene assegnato un valore, e non viene invece eseguito un confronto. Inserire la relazione tra due valori in un alert è un metodo sbrigativo per sapere se la relazione è vera oppure no: x=5; alert(x>=5); alert(x<5); Finora abbiamo sempre assegnato il valore delle variabili all'interno della pagina: tuttavia non si tratta di un procedimento molto utile, dal momento che la possibilità di valutare la veridicità di un espressione ci interessa soprattutto quando non conosciamo i valori delle variabili. Ci interessa sapere ad esempio se: variabileUtente == variabileImpostataDaMe; oppure variabileAmbiente == variabileImpostataDaMe; negli esempi delle prossime lezioni vedremo come "catturare" questi valori. Abbiamo visto che è possibile fare eseguire un'azione se una condizione è vera. Ma se volessimo far eseguire un'altra azione nel caso in cui la condizione sia falsa? Possiamo allora impostare un programma di questo tipo: * se una determinata condizione è verificata… * fai questo * in tutti gli altri casi… * fai quest'altro Possiamo esprimere graficamente questo concetto con i diagrammi di flusso: [Diagramma di flusso II] e traducendolo con la sintassi di JavaScript: if (condizione) { // istruzione 1 } else { // istruzione 2 } Ad esempio: x=9; if (x<7) { alert("x è minore di 7"); } else { alert("x non è minore di 7"); } Con una sintassi analoga si possono anche verificare l'esistenza di diverse condizioni. Si tratta di impostare un programma di questo genere: * se si verifica questa condizione… * fai questo * altrimenti, se si verifica quest'altra condizione… * fai quest'altro * in tutti gli altri casi… * fai quest'altro che graficamente si può rappresentare così: [Diagramma di flusso III] Per esprimere l'else if, JavaScipt prevede una sintassi di questo genere: if (prima condizione) { //istruzioni } else if (seconda condizione) { //istruzioni } else { //istruzioni } Ed ecco un esempio: nome="Gianni"; if (nome=="Mario") { alert("ciao Mario"); } else if (nome=="Gianni") { alert("ciao Gianni"); } else { prompt ("identificati","inserisci il tuo nome"); } È possibile anche introdurre più di un else if all'interno dello stesso blocco di codice; è dunque possibile verificare quante condizioni si desidera. Abbiamo visto, quando abbiamoparlato_del_DOMche la difficoltà maggiore della programmazione JavaScript consiste nel fatto che a browser differenti corrispondono differenti modelli di documenti. JavaScript ci consente di verificare in un modo molto semplice se una proprietà di un oggetto esiste oppure no, è sufficiente utilizzare la sintassi: if (nomeOggetto.nomeProprietà ) { //istruzioni } se la proprietà esiste, nomeOggetto.nomeProprietà restituisce true e quindi la condizioni è verificata (e dunque le istruzioni vengono eseguite). Se la proprietà non esiste nomeOggetto.nomeProprietà restituisce false, e quindi la condizione non è verificata. Questo accorgimento ci è molto utile nei molti casi in cui vogliamo adattare la pagina a seconda del browser: ad esempio per spedire un foglio di stile differente a seconda del browser usato. Abbiamo detto che internet Explorer (qualsiasi versione) viene identificato da document.all, Netscape da document.layers, i browser di nuova generazione da document.getElmentById. Per individuare il browser e far eseguire un codice differente a seconda del risultato, dovete allora impostare un programma di questo genere: * se è presente document.all * codice da eseguire (se entriamo in questa casistica, i successivi else if ed else non vengono neanche valutati) * se invece è presente document.layers * codice da eseguire * se è presente document.getElementById * codice da eseguire * in tutti gli altri casi * codice da eseguire Traducendo quanto appena detto in sintassi JavaScript: if (document.all) { alert("stai usando Internet Explorer"); } else if (document.layers) { alert("stai usando Netscape 4"); } else if (document.getElementById) { alert("stai usando Netscape 6, o un browser di nuova generazione"); } else { prompt ("stai usando un browser sconosciuto"); } Attenzione però alle "proprietà mimetiche" di Opera, che è in grado di camuffarsi da Internet Explorer o da Netscape. Se volete approfondire l'argomento, e vedere come spedire un differente foglio di stile esterno a seconda del browser potete consultare due articoli su pro.html.it: L`arte_dello_sniffing:_come_riconoscere_i_browser e Riconosciamo_i_browser_con_Javascript. È possibile annidare un if dentro l'altro, in modo da poter valutare anche situazioni particolarmente complesse. Ad esempio: valore=5; //provate a cambiare il valore, eventualmente indicando anche delle stringhe if (isNaN(valore) ) { // isNaN() vuol dire "not a number" e serve per vedere se il tipo di dati in esame è differente da un numero alert(valore + " non è un numero!"); } else { if (valore>=9) { alert(valore + " è maggiore o uguale a 9") } else { alert(valore + " è minore di 9") } } Ma oltre ad utilizzare annidamenti particolarmente complessi, possiamo usare gli operatori logici per concatenare diverse espressioni e creare condizioni complesse. La sintassi è questa: ( (espressione 1) - operatore logico - (espressione 2) ) dove (come abbiamo visto nelle precedenti lezioni) espressione 1 ed espressione 2 stanno per: valore1 - operatore relazionale - valore 2 Ad esempio: x=6; if ( (x>=5)&&(x<=7) ) { alert ("x è compresa tra 5 e 7"); } In questo modo possiamo valutare più condizioni contemporaneamente. Gli operatori logici che utilizzerete maggiormente sono i seguenti: Operatore Spiegazione Esempio x=6; && “and logico†if ( (x>=5) && (x<=7) ) { Devono essere vere le espressioni a destra e sinistra dell’ugualealert ("x è compresa tra 5 e 7"); } nome="Gianni"; || “or logico†if ( (nome=="Gianni") || (nome=="Marco") ) { Deve essere l’espressione a sinistra dell’uguale o quella a desalert ("Sei Gianni oppure Marco"); } “not†nome="Marco"; ! Viene posta di fronte all’espressione in questione e la nega: if ( !(nome=="Marco")) { - se è false la cambia in true alert ("Non sei Marco"); - se è true la cambia in false } Gli operatori logici funzionano nel modo seguente: * viene esaminato l'operando di sinistra: * se questo restituisce false, l'esame dell'espressione non viene ulteriormente proseguito, e il risultato è false * se questo restituisce true, si passa ad esaminare l'operatore di destra * il confronto restituisce il valore dell'operatore di destra (true o false) Avrete notato che la rappresentazione grafica di un operatore logico prevede il raddoppiamento del simbolo corrispondente (es: &&). Nel caso in cui vi dimentichiate di raddoppiare il simbolo (es: &), state in realtà utilizzando un operatore a livello di bit: il che non è scorretto, ma non sempre darà luogo allo stesso risultato. Una menzione particolare la merita l'operatore di negazione(indicato con !), che serve a negare un'espressione. Si tratta di un operatore unario: viene infatti posto di fronte all'espressione da negare, senza essere confrontato con nient'altro. Utilizzando l'operatore di diversità nel giusto modo possiamo scrivere: * se la condizione è falsa… * fai questo La sintassi è la seguente: if ( ! (espressione) ) { //istruzioni } che significa: * se nego l'espressione e così facendo ho un risultato vero… * allora fai questo Ad esempio: x=7; if (! (x==7) ) { alert ("x non è 7"); } Ovviamente l'esempio che abbiamo appena esaminato non è di particolare utilità e in questo caso non c'è una grossa differenza rispetto all'utilizzo dell'operatore di diversità (!=) che abbiamo visto nelle lezioni precedenti: x=7; if (x!=7) { alert ("x non è 7"); } Ma se teniamo conto che possiamo utilizzare gli operatori logici per creare situazioni molto complesse, combinando fra loro le varie espressioni, allora appare evidente come l'utilizzo del not sia particolarmente utile. Ad esempio: nome="Gianni"; if ( ! ( (nome=="Gianni") || (nome=="Marco") ) ) { alert ("Non sei né Gianni, né Marco"); } **** Nota a margine **** Abbiamo accennato nella lezione precedente agli "operatori a livello di bit". Nella programmazione JavaScript non li userete quasi mai, ma è bene sapere che esistono. Perché se per errore scrivete: (x>=5) & (x<=7) in realtà state utilizzando un operatore a livello di bit e non un operatore logico. La differenza sta nel fatto che gli operatore di bit convertono tutte le espressioni in valori binari, prima di eseguire i confronti, e poi li confrontano bit a bit. Dal momento che - a volte - ciò comporta delle approssimazioni, la valutazione delle espressioni può non dare adito allo stesso risultato rispetto agli operatori logici. Operatore Spiegazione Esempio x=6; & “and a livello di bit†if ( (x>=5) & (x<=7) ) { alert ("x è compresa tra 5 e 7"); } nome="Gianni"; | “or a livello di bit†if ( (nome=="Gianni") | (nome=="Marco") ) { alert ("Sei Gianni oppure Marco"); } nome="Gianni"; ^ “or esclusivo a livello di bitif ( (nome=="Gianni") ^ (nome=="Marco") ) { alert ("Sei Gianni oppure Marco"); } x=7; ~ “not a livello di bit†if (~ (x==7) ) { alert (“x non è 7â€); } Vediamo un esempio in cui operatori logici e operatori a livello di bit danno adito a risultati differenti. Nell'esempio seguente l'operatore logico restituisce un risultato corretto: if ( (document.all) && (navigator.platform.indexOf("Win")>-1) ) { alert ("Stai usando Internet Explorer su Windows"); } else { alert ("Stai usando Internet Explorer su Mac"); } /* L'oggetto navigator.platform contiene le indicazioni sul sistema operativo che l'utente sta usando. Nel caso di Windows: alert(navigator.platform); restituisce "Win32" indexOf serve per cercare del testo in una stringa: se non lo trova restituisce "-1", ecco perché abbiamo chiesto di verificare che il risultato di indexOf sia maggiore di -1. In pratica così facendo abbiamo chiesto di verificare che navigator.platform contenga "Win". */ Utilizzando l'operatore a livello di bit invece il risultato dello script non è corretto: if ( (document.all) & (navigator.platform.indexOf("Win")!=-1) ) { alert ("Stai usando Internet Explorer su Windows"); } else { alert ("Stai usando Internet Explorer su Mac"); } In unalezione_precedenteabbiamo visto che (se ci troviamo all'interno della funzione) abbiamo la possibilità di interrompere il flusso del codice tramite l'utilizzo dell'istruzione return. Possiamo applicare questa possibilità all'utilizzo dell'if: * se entriamo in una determinata casistica * la funzione restituisce i valori * e, con la restituzione dei valori, il flusso del codice viene interrotto Ad esempio: function checkBrowser(){ if (!document.all) { // se il browsr non è Internet Explorer alert ("Non stai usando Internet Explorer"); return; // Il codice si interrompe qui } alert ("Il tuo browser è Internet Explorer"); nome=prompt("Scrivi il tuo nome","il tuo nome qui"); } checkBrowser(); Ovviamente il metodo del return funziona soltanto se ci troviamo all'interno di una funzione. Un'utile applicazione di quanto abbiamo appena visto si ha nella validazione dei form, in cui l'istruzione return può essere utilizzata per interrompere la submit, nel caso in cui i dati non siano nel formato desiderato. Prima di proseguire, esaminiamo però due istruzioni JavaScript, che abbiamo già accennato nella lezione precedente, e che ci serviranno nel corso dell'esempio: isNaN(valore): la funzione isNaN() significa "is not a number " (non è un numero) e serve per verificare se un determinato valore non è numerico. Se il valore è numerico restituisce false, in caso contrario restituisce true. La sintassi è: isNaN(valore) Ad esempio: valore=4; alert(isNaN(valore)); //restituisce false oppure valore="ciao mondo"; alert(isNaN(valore)); //restituisce true È quindi possibile creare un controllo di questo tipo: if (isNaN(valore)) { alert ("valore non è un numero"); } indexOf: è un metodo delle stringhe e si utilizza per verificare se una determinata stringa contiene o meno un determinato testo (ovvero una determinata sottostringa). La sintassi è la seguente: indexOf (valore) Se la sottostringa cercata non c'è, il metodo restituisce -1. In tutti gli altri casi restituisce la posizione della sottostringa (la prima posizione è 0). La sintassi è: miaStringa.indexOf("miaSottoStringa"); Ad esempio: valore="ciao mondo"; alert(valore.indexOf("mondo")); //restituisce 5 Se la sottostringa esiste all'interno della stringa, il valore restituito da indexOf sarà allora maggiore di -1. Utilizziamo le istruzioni che abbiamo appena esaminato per costruire un controllo su un modulo di una pagina web. Immaginiamo di avere due campi: * il primo è l'età * il secondo è un'e-mail e ipotizziamo di voler far un controllo sul form tale che se il formato dell'età è numerico e il campo dell'e-mail contiene una chiocciola, il modulo può essere inviato. In caso contrario verrà visualizzato un messaggio di errore e il modulo non partirà . Ecco l'esempio: La tua età :
La tua e-mail:
Come si può notare ogni volta che si entra in una determinata casistica e compare il return, l'esecuzione del codice si arresta, se invece tutto va bene non viene incontrato nessun return e dunque l'azione del form viene eseguita. In una dellelezioni_precedentiabbiamo imparato ad usare le finestre di dialogo, tra cui il confirm. L'esempio fornito tuttavia non funzionava nel modo corretto, perché il confirm non arrestava l'azione nel caso in cui l'utente cliccasse su "cancel": testo link Il confirm restituisce true nel caso in cui l'utente clicchi su ok, restituisce false in caso contrario. Dovrebbe esserci chiaro a questo punto come sfruttare un if per utilizzare correttamente il confirm: testo link Sono moltissime le occasioni in cui possiamo utilizzare un if per "aggiustare" la pagina, oppure verificare una qualche azione compiuta dall'utente. Premesso che in molti casi possiamo cavarcela egregiamente utilizzando le dimensioni delle celle (o dei box css) in percentuale. Ad esempio così:
Poniamo ad esempio di voler scrivere l'altezza di una cella in pixel e in modo variabile a seconda della risoluzione. Vogliamo far sì ad esempio che la nostra cella abbia un'altezza di: * 80 px a 640x480 * 100 px a 800x600 * 150 px a 1024x768 * 200 px a 1152x864 o risoluzioni maggiori perché prove empiriche ci dicono che questa altezza si adatta perfettamente al layout che stiamo sviluppando. Consideriamo allora la larghezza dello schermo che ci indica la risoluzione. Nella pagina avremo uno script di questo genere:
prova
come si vede l'if ci permette di impostare l'altezza in modo variabile a seconda della risoluzione. Lo switch non è nient'altro che un particolare caso di if particolarmente ramificato, in cui vine presa in esame un'unica variabile che può assumere differenti valori, e conseguentemente esistono molteplici else if. In pratica il diagramma di flusso dello switch è il medesimo dell'else if: [Diagramma di flusso] la sintassi è: switch(variabileDaValutare) { case valore1: //istruzioni break; //si ferma qui case valore2: //istruzioni break; //si ferma qui case valore3: //istruzioni break; //si ferma qui default: //istruzioni } da notare la sintassi case (seguita dai due punti) che indica che stiamo entrando in uno dei casi e l'istruzione break, che serve per interrompere lo switch, ogni volta che si rientra nella casistica che ci interessa. La sintassi dell'esempio della lezioni precedente avremmo potuto scriverla senz'altro come switch. Al posto di: if (screen.width==640) altezzaCella=80; else if (screen.width==800) altezzaCella=100; else if (screen.width==1024) altezzaCella=150; else altezzaCella=200; avremmo potuto scrivere: switch (screen.width) { case 640: altezzaCella=80; break; case 800: altezzaCella=100; break; case 1024: altezzaCella=150; break; default: altezzaCella=200; } Come lo switch anche l'operatore ternario (detto anche "operatore di selezione") fornisce una sintassi abbreviata per esprimere un particolare tipo di if. Questa situazione infatti: if (condizione) //istruzione 1 (singola istruzione) } else { istruzione 2 (singola istruzione) } Può essere anche rappresentata più sinteticamente con l'utilizzo dell'operatore ternario: condizione?istruzione1:istruzione2 Ad esempio: document.all?alert("stai usando Internet Explorer"):alert("non stai usando Internet Explorer"); In certi casi l'operatore ternario si presta a una sintassi semplificata: variabile=condizione?valore1:valore2 in cui alla variabile viene assegnato direttamente il risultato del controllo ternario. Se nell'esempio delle lezioni precedenti avessimo voluto scrivere due differenti valori per l'altezza della cella, uno per la risoluzione di 800x600 e uno per tutte le altre risoluzioni, al posto di: if (screen.width==800) altezzaCella=100; } else { altezzaCella=150; } avremmo potuto scrivere: screen.width==800?altezzaCella=100: altezzaCella=150; Volendo, l'utilizzo delle parentesi permette di comprendere meglio il costrutto: (screen.width==800)?(altezzaCella=100):(altezzaCella=150); Avremmo anche potuto usare la sintassi più compatta: altezzaCella=screen.width==800?100:150; L'operatore ternario viene spesso usato nella sintassi che prevede lo "sniff" (cioè l'individuazione) del browser. È un procedimento tipicamente utilizzato nel dhtml (è l'utilizzo congiunto di JavaScript e dei css) per scrivere sintassi crossbrowser (che vada bene cioè tanto per Internet Explorer, quanto per Netscape o altro): Il metodo è questo: * se esiste document.all (o document.layers o altro) * viene inizializzata una variabile a true * altrimenti alla variabile viene assegnato il valore di false Ad esempio: document.all? IE=true:IE=false; che può anche essere scritto (semplificando la sintassi): IE= document.all?true: false; Poi è sufficiente verificare: if (IE) per sapere di avere a che fare con Interent Explorer. Il procedimento dettagliato per lo sniff del browser è descritto nell'articolo L'arte_dello_sniffing:_come_riconoscere_i_browser **** Nota a margine **** Alcuni programmatori ritengono molto elegante utilizzare la sintassi dell'operatore ternario. Altri programmatori preferiscono invece fare a meno di questo costrutto e utilizzano l'if-else in forma estesa, perché ritengono l'operatore ternario troppo compatto e conseguentemente di difficile lettura: il rischio è che - trovandosi a leggere la sintassi di altri oppure leggendo il proprio codice a distanza di mesi - la sintassi risulti oscura e poco comprensibile. Personalmente consiglio di utilizzare questo costrutto solo quando avrete un po' più di pratica di programmazione. Gli array sono untipo_particolare_di_dati: se le variabili sono delle "scatole" in cui inserire i dati, gli array possono essere paragonati a "scatole a scomparti multipli", in cui ogni scomparto ha il suo "numero d’ordine". Si tratta infatti di un tipo particolare di variabile che ci permette di inserire molteplici dati in maniera ordinata. La sintassi per creare un array è la seguente: miaVariabile = new Array(); //viene creato l’array miaVariabile[i]=contenuto; //assegno ad ogni elemento dell’array il valore che voglio dove "i" è l’indice che indica la posizione all’interno dell’array. Nel contare gli elementi di un array si comincia sempre dallo 0. Esiste anche un’ulteriore sintassi per creare un array (più sintetica): miaVariabile = new Array(contenuto_1,contenuto_2, …, contenuto_n); Possiamo ad esempio creare un array che contenga i nomi degli studenti di un corso. alunni = new Array(); //viene creato l’array alunni [0]="Mario"; alunni [1]="Gianni"; alunni [2]="Monica"; e con la sintassi sintetica: alunni=new Array("Mario", "Gianni","Monica"); notare che i diversi elementi sono separati da virgola. I tipi di dati contenuti dai vari elementi dell’array possono essere anche eterogenei. Se mai ne avessimo bisogno, potremmo scegliere ad esempio creare un array che contenga il nome dell’alunno (numeri pari nell’indice dell’array) e subito dopo la sua media di voti: alunni = new Array(); //viene creato l’array alunni [0]="Mario"; alunni [1]=7; alunni [2]="Gianni"; alunni [3]=4; alunni [4]="Monica"; alunni [5]=4; oppure: alunni=new Array("Mario", 7, "Gianni", 4,"Monica", 4); Per richiamare un elemento è poi sufficiente richiamarne la posizione all’interno dell’array: alert(alunni [4]); In JavaScript ci sono diversi metodi che ci aiutano a manipolare gli array. Fra tutti ne vediamo alcuni particolarmente utili: Metodo o proprietà Descrizione Esempio length Conoscere la lunghezza di un array alunni=new Array("Mario", "Gianni","Monica"); alert(alunni.length); alunni=new Array("Mario", "Gianni","Monica"); push(elemento) Aggiungere un elemento in coda all’array e restituire la nuova lunghezza aggiungi=alunni.push("Davide"); alert(aggiungi); alunni=new Array("Mario", "Gianni","Monica"); concat (elementi da aggiungere) Aggiungere elementi ad un array e restituire la nuova lunghezza. Restituisce un nuovo array formato dalla somma degli elementi aggiungi=alunni.concat("Davide","Giovanni"); alert(aggiungi); alunni=new Array("Mario", "Gianni","Monica"); pop() Eliminare un elemento dalla fine dell’array e restituisre il nome dell’elemento eliminato. togli=alunni.pop(); alert(togli); alert(alunni.length); alunni=new Array("Mario", "Gianni","Monica"); shift() Eliminare un elemento dall’inizio dell’array e restituire il nome dell’elemento eliminato togli=alunni.shift(); alert(togli); alert(alunni.length); alunni=new Array("Mario", "Gianni","Monica"); reverse() Invertire l’ordine degli elementi di un array alunni.reverse(); alert(alunni[0]); alunni=new Array("Mario", "Gianni","Monica","Davide"); slice(inizio,fine) Dividere l’array in un array più piccolo e restituire il nuovo array alert(alunni.length); alunni2=alunni.slice(0,2); alert(alunni2.length); Può darsi che non vi capiti di usarli molto spesso, ma è bene sapere che avete la possibilità di creare array che hanno come elementi altri array. In pratica in questo modo costruite una matrice. Così: Alunno 1 Alunno 2 Alunno 3 Classe 1 Aldo Giovanni Giacomo Classe 2 Mario Gianni Monica La sintassi necessaria a costruire una matrice di questo genere è la seguente: primaClasse=new Array("Aldo","Giovanni", "Giacomo"); secondaClasse=new Array("Mario","Gianni","Monica"); classi=new Array(primaClasse,secondaClasse); O anche, con una sintassi più elegante: classi=newArray(); classi[0]= new Array("Aldo","Giovanni", "Giacomo"); classi[1]= new Array ("Mario","Gianni","Monica"); E poi per far riferimento a un singolo elemento sarà sufficiente richiamare la posizione che occupa nella matrice: alert(classi[1][2]); JavaScript supporta anche gli array associativi: si tratta della possibilità di assegnare un "nome" all’indice dell’array, anziché un numero. Ad esempio: voti=new Array(); voti["Mario"]=7; voti["Gianni"]=4; voti["Monica"]=4; alert(voti["Mario"]); Una delle caratteristiche saliente della programmazione è la possibilità di costruire delle routine che svolgano operazioni ripetitive. Se l'if, lo switch e l'operatore ternario ci consentono di prendere delle decisioni, while, do while, for e for in ci permettono invece di eseguire dei cicli di programmazione. Proprio per questo questi costrutti vengono di solito utilizzati insieme agli array: perché le istruzioni vengono eseguite di volta in volta su tutti gli elementi dell’array. In tutti i casi si tratta di costrutti che eseguono una determinata azione, finché una certa condizione è valida. La sintassi JavaScript corrispondente è quella che segue: while (condizione) { //istruzioni } Vediamo il diagramma di flusso corrispondente a questa situazione: * assegno un indice a 0 * finché è valida la condizione: o eseguo una determina istruzione o e poi aumento di uno l’indice * quando l’istruzione non è più valida, esco dal programma L’indice viene aumentato scrivendo: i=i+1; o più sinteticamente: i=i++; [Diagramma di flusso IV] Se volessimo scorrere un array potremmo ad esempio: * inizializzare un indice con 0 * confrontare l’indice con la lunghezza dell’array * finché l’indice è minore della lunghezza dell’array o compiere una determinata azione o quindi aumentare l’indice di un unità * in caso contrario: o proseguire con il codice Poniamo ad esempio di volere stampare una tabella in HTML, che contiene i nomi degli alunni e i loro voti:
Voti Alunni
Da notare nell’esempio che l’indice e la lunghezza dell’array sono stati confrontati ogni volta, poi sono state eseguite le istruzioni e infine aumentato l’indice. Solo quando l’indice è diventato superiore alla lunghezza dell’array siamo "usciti" dal while. Ricordiamoci però che se scriviamo l'HTML con JavaScript, saremo poi penalizzati dai motori di ricerca (vedi la lezioni sul TAG_Noscript). Tuttavia è interessante notare che se anche avessimo posto che: i=1000; il codice sarebbe stato eseguito almeno uno volta, anche se la condizione del nostro esempio non potrà mai essere verificata. Il do … while ha un funzionamento del tutto analogo al while, solo che l’istruzione viene eseguita prima che la condizione venga valutata: in questo modo si ha la certezza che l’istruzione venga eseguita almeno una volta. La sintassi è: do { //istruzioni } while (condizione); Ed ecco il corrispondente diagramma di flusso: [Diagramma di flusso VI] Adattando l’esempio di prima - come si vede – si ottiene il medesimo risultato:
Voti Alunni
Tuttavia è interessante notare che se anche avessimo posto che: i=1000; il codice sarebbe stato eseguito almeno uno volta, anche se la condizione del nostro esempio non potrà mai essere verificata. Il ciclo di for è un comodo modo per eseguire in una volta sola: la valutazione di una condizione e l’incremento di un indice fittizio per eseguire le ripetizioni. La sintassi è molto compatta e i programmatori alle prime armi potrebbero avere qualche difficoltà nell’apprendimento di questo costrutto. La novità rispetto al while è che l’inizializzazione di un indice, la valutazione della condizione e l’aumento dell’indice devono essere indicati già all’interno del costrutto. Così: for (inizializzazione_indice; condizione_da_valutare, aumento_indice ) { //istruzioni } Da notare i punti e virgola che separano le diverse istruzioni all’interno della parentesi. Il ciclo di for con un diagramma di flusso può essere rappresentato in questo modo: [Diagramma di flusso V] E nel nostro esempio:
Voti Alunni
Nell'articolo Alleggerire_le_pagine_di_dati_con_JavaScript viene descritto un procedimento che utilizza un ciclo di for e gli array di array per ottimizzare il peso delle pagine. **** Nota a margine **** Ci si può chiedere a questo punto quando si debba usare while e quando invece usare for. Nella maggior parte dei casi un ciclo di for farà al caso vostro, se però dovete porre delle condizioni multiple sarà meglio usare un while. Ad esempio: for (i=0; ( (condizione 1)&&(condizione 2) ); i++) { } l'esempio precedente funziona, ma non è molto elegante, né molto chiaro; in questo caso meglio usare un while: i=0; while ( (condizione 1)&&(condizione 2) ) { //istruzioni } i++; Molti programmatori non conoscono questo costrutto che è proprio di JavaScript (da non confondere con il foreach di altri linguaggi), eppure è utilissimo per ricavare quali sono le proprietà di un oggetto. La sintassi è: for (proprietà in oggetto) { //istruzioni } dove proprietà è una "variabile-contenitore" che stiamo creando al volo. Questo costrutto può essere utilizzato anche per ricavare le proprietà di un determinato oggetto della pagina (nell'esempio un form):
da vedere con diversi browser per apprezzarne l’utilità . Una sintassi di questo genere la avevo utilizzata nel descrivere gli_eventi_JavaScript, per ricavare i vari eventi che si applicano a un livello. Il for… in può essere utilizzato anche per scorrere gli elementi di un array, se interrogato con la giusta sintassi: Abbiamo già incontrato Break, quando abbiamo parlato delloswitch: si tratta di un’istruzione che ci consente di uscire da un costrutto. Se utilizzata con for, for… in, while, o do…while serve per interrompere il ciclo delle ripetizioni. Poniamo di voler interrompere il ciclo dell’esempio delle pagine precedenti dopo il terzo elemento:
Voti Alunni
Una situazione come quella descritta – tuttavia – non è molto utile. Sarebbe bastato scrivere: for (i=0; i<2; i++) invece in situazioni più complesse l’utilizzo di break è di estrema utilità . Continue invece serve per forzare l’esecuzione del codice, anche se dovrebbe essere interrotta (per esempio da un if all’interno del ciclo). Nella lezione suicommenti_JavaScriptabbiamo visto come questi ci aiutino a mantenere in ordine il codice e a comprenderlo a distanza di mesi. Un altro utile strumento per manterenrere in ordine il codice è la cosiddetta "indentazione": si tratta di utilizzare la tabulazione (tasto tab), per far rientrare il codice, di solito in corrispondenza contenuto delle parentesi graffe (che individuano blocchi di codice). Es: if (document.all) { |<---tab -->| alert ("stai usando explorer"); } Quanto alle parentesi graffe (che si ottengono, lo ricordiamo, con Alt-GR + Shift + [) ci sono due scuole di pensiero: * chi preferisce aprirne una subito dopo le istruzioni (come negli esempi),e richiuderla andando a capo * chi invece preferisce riportare a capo l'apertura e la chiusura delle parentesi quadre. Così: if (document.all) { |<---tab -->| alert ("stai usando explorer"); } L'importante è che il codice compreso tra le parentesi sia rientrato. L'indentazione infatti garantisce una maggiore leggibilità del codice stesso, e permette di scorrerlo velocemente per trovare i punti che ci interessano Può capitare che tutto lo script sia esatto per il browser (nel senso che non retituisca erorre), eppure non dia il risultato voluto. Bisogna allora individuare il punto in cui siamo incappati in un bug che mina la validità del nostro programma (questa volta un errore concettuale, non un errore di sintassi). Possiamo allora utilizzare in vario modo gli alert, per sorvegliare il "buon andamento" dello script. Possimo usare l'alert per: Usiamo l'alert per Esempio numero=6; Visualizzare il contenuto di una variabile numero=numero-5; alert(numero); if (document.all) { alert(“IEâ€); Scoprire in quale caso del controllo condizionale ci troviamo } else { alert(“non IEâ€); } alunni=new Array(“Aldoâ€,â€Giovanniâ€,â€Giacomoâ€); for (n=0;n nascondi il livello







dovremmo scrivere la funzione nascondi() in questo modo: function nascondi() { if (document.all) { document.all["mioLiv"].style.visibility="hidden"; /*cambio la visibilità da visibile a invisibile con IE*/ } else if (document.layers){ //NN4 document.layers["mioLiv"].visibility="hide"; } else if (document.getElementById) { //NN6 ed Opera document.getElementById("mioLiv").style.visibility="hidden"; } } In questo modo "sprechiamo" però del codice, perché ripetiamo la stessa istruzione in tre diversi casi. C'è allora da chiedersi se ci sia il modo di scrivere una volta soltanto l'istruzione comune (quella che imposta l'invisibilità ) e rendere variabili delle porzioni di codice. Inoltre potremmo poi desiderare nuovamente la visualizzazione del livello appena nascosto. Ci occorrebbe quindi una funzione mostra() di questo genere: function mostra() { if (document.all) { document.all["mioLiv"].style.visibility="visible"; } else if (document.layers){ document.layers["mioLiv"].visibility="show"; } else if (document.getElementById) { document.getElementById("mioLiv").style.visibility="visible"; } } richiamata da questa riga di codice, da inseire nel BODY del documento: mostra il livello E' evidente però che stiamo scrivendo del codice doppio, perché le due funzioni sono molto simili fra di loro. L'istruzione eval è la soluzione a tutti i nostri problemi. Per prima cosa notiamo che tutte le istruzioni hanno delle parti comuni. L'istruzione infatti è così composta: documento+parA+"mioLiv"+parB+visibilita+"="+nascosto+";" dove: document.all documento document.layers document.getElementById parA [ ( parB ] ) visibilita .style.visibility .visibility nascosto hidden hide Possiamo dunque creare una funzione inzializza() da richiamare subito nella pagina, che crei le variabili che abbiamo indicato in tabella. Infine con eval() possiamo eseguire l'istruzione come somma di tutte le variabili da noi create. Possiamo poi adattare la sintassi che abbiamo creato, in modo da generare un'ulteriore funzione che ci mostri il livello (prima nascosto): nascondi il livello
mostra il livello







Riprendiamo l'esempio della lezione precedente: potremmo voler far sì che il nostro lavoro non vada buttato, ma che sia riutilizzabile, indipendentemente dal livello. Con un minimo sforzo in più è possibile passare un argomento alle funzioni, in modo da renderla generica. Ecco l'esempio completo: nascondi il livello
mostra il livello







Se volessimo essere ancor più raffinati, non dovremmo creare due funzioni diverse, ma un unica funzione che: * se il livello è nascosto, lo visulizza * se il livello è visualizzato, lo nasconde Per farlo basterebbe assegnare la visibilità in maniera variabile, e lo stato della variabile potrebbe essere deciso eseguendo a priori un controllo condizionale. Proviamo ad esprimere “a parole†questo concetto: * se il livello è visibile --> il nuovo stato è “nascosto†* se il livello è nascosto --> il nuovo stato è “visibile†ci troviamo in una tipica situazione da controllo ternario. Proviamo ancora ad esprimerci aancora parole: stato=(livello_visibile)?nascosto:visibile; Traduciamo adesso in una sitassi adatta per Internet Explorer: stato=(document.all["mioLiv"].style.visibility=="visible")?â€hiddenâ€:â€visibleâ€; poi basta assegnare: document.all["mioLiv"].style.visibility==stato; Adesso basta fare le debite modifiche, tenendo conto che: document.all["mioLiv"].style.visibility; è per noi: documento+parA+livello+parB+visibilita; che “hidden†è per noi “nascosto†e “visibile†è per noi “visibileâ€. Infine non ci resta che cucire il tutto con eval(). Vediamo l'esempio completo: nascondi / mostra il livello













Con questo ultimo esempio abbiamo ottenuto una funzione per il cambio della visibilità di un livello, sufficientemente generica da essere adeguata a qualsiasi situazione, visto che non dipende né dal nome del livello, né dalla sua visibilità o invisibilità . ' =============================================================================== ' 2003 Holyguard.net - 2007_Abruzzoweb